Ofena 16-17 Aprile

In tenda per miseri-cor-dare

 

Introduzione

Dopo la prima relazione, dove abbiamo cercato di presentare e spiegare la dinamica della XXXVI Tendopoli, mettendo in evidenza cosa è la misericordia alla luce della Parola di Dio,  e come e dove la possiamo sperimentare, ( nella liturgia), ci rimane di vedere, in questa terza parte, come testimoniare la misericordia.

Ieri abbiamo detto che  la misericordia nella Sacra Scrittura è la parola-chiave per indicare l’agire di Dio verso di noi. E’ il suo amore. Questo amore tangibile si chiama misericordia.  La misericordia di Dio è la sua responsabilità per noi. Lui si sente responsabile, cioè desidera il nostro bene e vuole vederci felici, colmi di gioia e sereni. E’ chiaro che su questa stessa lunghezza d’onda si deve orientare il nostro amore misericordioso. Come ama il Padre così amano i figli. Come è misericordioso Lui, così siamo chiamati ad essere misericordiosi noi, gli uni verso gli altri.

A differenza della relazione di ieri, questa sarà  più una lectio sulla parola, per aiutarci a riflettere su come stiamo vivendo o dovremo vivere la “Responsabilità della Misericordia”  sia a livello personale che come tendopoli.

Per aiutarci a decifrare le concrete  scelte da fare,  per amare con la responsabilità con cui Lui ci ha amati,  prenderemo come testo guida il capitolo 18 del Vangelo di Matteo, che, a mio avviso e con mia sorpresa,  ci presenta schematicamente  alcuni passaggi decisivi per comprendere cosa è e come vivere la misericordia.

Schematicamente possiamo dividere il testo :

 

1.Scegliere di non essere il più grande ma il più piccolo

  1. Scoprire l’amore di Dio che gratuitamente e personalmente ci ama.
  2. Deciderci a vivere la vita come per-dono
  3. La preghiera mezzo per per-donare
  4. Non dimenticarci mai che c’è un premio e una punizione

 

 

 

TESTO GUIDA:

[1] In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: “Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?”. [2] Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse:
[3] “In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. [4] Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli.
[5] E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me.
[6] Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare.
[7] Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo! [8] Se la tua mano o il tuo piede ti è occasione di scandalo, taglialo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani o due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno. [9] E se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, che avere due occhi ed essere gettato nella Geenna del fuoco.
[10] Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli. [11] È venuto infatti il Figlio dell’uomo a salvare ciò che era perduto].

 

[12] Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e ne smarrisce una, non lascerà forse le novantanove sui monti, per andare in cerca di quella perduta?
[13] Se gli riesce di trovarla, in verità vi dico, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. [14] Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli.

 

[15] Se il tuo fratello commette una colpa, và e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; [16] se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. [17] Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all’assemblea; e se non ascolterà neanche l’assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano.
[18] In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo.

 

[19] In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. [20] Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”.

 

[21] Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: “Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?”.
[22] E Gesù gli rispose: “Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.
[23] A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi.
[24] Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti.
[25] Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito.
[26] Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. [27] Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito.
[28] Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi!
[29] Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito.
[30] Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.
[31] Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. [32] Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato.  [33] Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?
[34] E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto.
[35] Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello”.

1.Scegliere di non essere il più grande ma il più piccolo

– Chi è il più grande

La domanda che fanno i discepoli: “Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?”. Manifesta  una filosofia della vita che ha la pretesa di farsi da sola, una cultura senza misericordia. Essere grandi, avere un posto, essere protagonisti  sono espressioni inconciliabili con una scelta di  vita vissuta come misericordia.

Come accadde al primo uomo la tentazione si ripete: l’io prende il posto di Dio. E l’uomo cerca di farsi i propri idoli ai quali, senza neanche accorgersi, rende un culto di adorazione idolatrica.  Questa visione della vita vissuta come protagonisti, cozza fondamentalmente con la visione nuova del Vangelo. La cultura predominate crea competitività e come abbiamo visto ieri, non c’è sempre spazio per la misericordia, il più forte comanda e detta la legge. Siamo nella giungla. E i cristiani sono chiamati ad essere “ isole di misericordia in mezzo al mare di infedeltà” (papa Francesco).

Mentre Dio si affanna a dimostrarci il suo amore incondizionato  mandando il suo figlio per formare l’uomo nuovo, l’uomo vuol farsi un Dio a suo piacimento.  Siamo chiamati a rifiutare un Dio fatto dagli uomini , per diventare uomini fatti da Dio.

– se non diventate come bambini

A questa visione idolatrica Gesù contrappone l’immagine dei bambini…. “se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli”.  L’essere bambino per definizione dice riferimento ad un adulto. Che dice docilità, dipendenza . Diventare bambini è un lavoro di conversione  riconoscere la dipendenza, la finitezza e il bisogno di essere aiutato.

Ma la frase che mi impressiona maggiormente è quella che segue:  “Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare”.

Ho sempre pensato, e non so perché,  che scandalizzare i bambini si riferisse al sesto comandamento, invece credo che scandalizzare i bambini, un questo contesto,  significa non dare loro la percezione della dipendenza da Dio, e inculcare loro la autonomia da Dio. Nel Dt. si legge: “Tu papà racconterai ai tuoi figli che eravamo schiavi degli egiziani e il Signore con mano forte ci ha liberati”.(Dt.6,21) Scandalizzare i bambini significa educarli, con le parole e con l’esempio, alla concezione che: “ non è il Signore a salvarci ma gli idoli…”

Domanda di riflessione: “ Sono convertito ad essere bambino …?

  1. Scoprire l’amore di Dio che gratuitamente e personalmente ci ama.

Gesù, credo, si rende conto della forza devastante delle sue parole ai suoi discepoli, ed invece di attenuare il colpo, li sfida a dare una risposta: Che ve ne pare?

E’ una domanda che non solo esige una risposta, ma chiede una presa di posizione , una scelta di campo: Dove vuoi stare?  E per dare peso e chiarezza alla sua domanda porta l’immagine del pastore che lascia le pecore al sicuro e va a prendere la pecora smarita. Se l’immagine è  suggestiva, in quelle persone,  abituate a valutare le persone con criteri umani, fece sicuramente scandalo, perché economicamente non conveniente, la scelta di lasciare le novantanove pecore per andare  alla ricerca della smarrita, ma a noi rivela la sostanza dell’amore di Dio  che è sempre  personale, unico, tenero.

Mi impressionano e sorprendono le parole “se riesce di trovarla”. Può forse Dio non trovare una sua creatura? Qui vedo la grandezza di Dio che rispetta fino a perdersi nella mia libertà. La sua ricerca  non mi condiziona, non mi trova per forza, vorrei dire che .mi pone in condizione di essere trovato. Questo è il miracolo-mistero dell’amore che  Sant’Agostino adombra nella frase: “Tu non mi cercheresti se non mi avessi trovato.

E’ il misterioso pellegrinaggio di amore di Dio che cerca l’uomo. E’ la sua misericordia.

Proprio nelle parabole dedicate alla misericordia, Gesù rivela la natura di Dio come quella di un Padre che non si dà mai per vinto fino a quando non ha dissolto il peccato e vinto il rifiuto, con la compassione e la misericordia.

Non un Dio lontano ma vicino, non un Dio astratto ma incarnato. Dio non vuole la morte dell’uomo peccatore, ma che si converta e viva.

Come rispondere a questo Dio che mi cerca? La prima  indicazione la trovo in quella donna  che  ha dieci dramme e ne perde una: che fa?  “accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova?
La seconda indicazione
la trovo nella donna Samaritana che dopo aver incontrato Gesù “lascia la brocca”. Cosi commenta il card. Martini:  “Notiamo la finezza del particolare: « lasciò la brocca ». Questa donna era venuta per attingere acqua, la brocca era la sua ricchezza, ad essa era legata la sua vita quotidiana: eppure in questo momento tutto è dimenticato e la brocca slabbrata, abbandonata sul ciglio del pozzo, è come il segno di una esistenza da cui la donna è ormai uscita, è il segno di un incubo che ha lasciato dietro di sé”. Non lo dimentichiamo mai: il passato è nascosto nel cuore di Dio e del nostro futuro se ne prende cura il Signore.

Domanda di riflessione. Che ne pensi della frase di San Giovanni Paolo II “Al di fuori della misericordia di Dio, non c’è altra fonte di speranza per gli esseri umani”

  1. Decidersi a vivere la vita come per-dono

Nel versetto 15 quasi in modo inatteso, Gesù introduce il discorso sul perdono.   Se il tuo fratello commette una colpa, và e ammoniscilo fra te e lui solo”.

Perché dobbiamo perdonare?  Il motivo di fondo è perché siamo stati perdonati:  “Qui c’è tutto il Vangelo, c’è tutto il Cristianesimo”. Perché, spiega il pontefice, “ognuno di noi è quella pecora smarrita, quella moneta perduta. Ognuno di noi è quel figlio che ha sciupato la propria libertà seguendo idoli falsi, miraggi di felicità, e ha perso tutto”.
Il perdono delle offese diventa l’espressione più evidente dell’amore misericordioso e per noi cristiani è un imperativo da cui non possiamo prescindere. Come sembra difficile tante volte perdonare! Eppure, il perdono è lo strumento posto nelle nostre fragili mani per raggiungere la serenità del cuore. Lasciar cadere il rancore, la rabbia, la violenza e la vendetta sono condizioni necessarie per vivere felici. Accogliamo quindi l’esortazione dell’apostolo: «Non tramonti il sole sopra la vostra ira» (Ef 4,26). E soprattutto ascoltiamo la parola di Gesù che ha posto la misericordia come un ideale di vita e come criterio di credibilità per la nostra fede: «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7) è la beatitudine a cui ispirarsi con particolare impegno in questo Anno Santo.

Se Gesù è il volto della misericordia del  padre ed  il vangelo è l’annuncio di questo amore di Dio che raggiunge ogni uomo, è ovvio che il nostro ministero non può non essere finalizzato che ad annunciare  e celebrare la misericordia di Dio e il nostro stile di vita , personale e comunitario, deve necessariamente adeguarsi a questa missione. Per San Paolo la misericordia è il cuore del mistero dell’alleanza ( Col.3,12-13). Dice sant’’Agostino: Cristo per questo venne, perché ci ha amati; non v’era in noi qualcosa da amare, ma amando ci ha resi amabili. (Serm. 163/B, 2)

Rifletti: Il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà usato misericordia, la misericordia invece ha sempre la meglio nel giudizio. (Gc.2,13)

  1. La preghiera mezzo per per-donare

Questa frase inserita in questo contesto mi sembra, apparentemente, quasi fuori posto, che non ha nulla a veder con il contesto “ “[19] In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. [20] Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”.

 Credo che  questa forte chiosa si giustifica dalla costatazione che  senza la preghiera è impossibile vivere il perdono. Gesù stesso dovette ricorrere alla preghiera prima di affrontare il perdono per quelli che lo tradivano.

E’ chiaro che la preghiera è mettere Dio dentro la storia che si vive. E’ dargli del tempo per poter risolvere i problemi. La preghiera è dare la possibilità a Dio di fare l’uomo, aiutandoci a vincere la  tentazione di farci da soli.

E’ bello pensare che Dio è quasi costretto  a donarci quello che chiediamo quando lo domandiamo insieme.

La preghiera sta alla misericordia come la corda alla campana, come lo spartito al canto, il fiore al suo profumo.

Rifletti: come vivi la preghiera sia personale che comunitaria? Se hai il cuore indurito nel pessimismo e sconforto non potrà dipendere dalla mancanza di preghiera?

 

  1. Non dimenticare mai che c’è un premio e una punizione

La parte finale del capitolo ci propone una altra parabola da cui  ricaviamo un insegnamento per il nostro stile di vita cristiano. Provocato dalla domanda di Pietro su quante volte fosse necessario perdonare, Gesù rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette» (Mt 18,22Mt 18,35).

La parabola contiene un profondo insegnamento per ciascuno di noi. Gesù afferma che la misericordia non è solo l’agire del Padre, ma diventa il criterio per capire chi sono i suoi veri figli. Insomma, siamo chiamati a vivere di misericordia, perché a noi per primi è stata usata misericordia.

Non possiamo sfuggire alle parole del Signore, e in base ad esse saremo giudicati: se avremo dato da mangiare a chi ha fame e da bere a chi ha sete. Se avremo accolto il forestiero e vestito chi è nudo. Se avremo avuto tempo per stare con chi è malato e prigioniero (cfr Mt 25,31-45). Ugualmente, ci sarà chiesto se avremo aiutato ad uscire dal dubbio che fa cadere nella paura e che spesso è fonte di solitudine; se saremo stati capaci di vincere l’ignoranza in cui vivono milioni di persone, soprattutto i bambini privati dell’aiuto necessario per essere riscattati dalla povertà; se saremo stati vicini a chi è solo e afflitto; se avremo perdonato chi ci offende e respinto ogni forma di rancore e di odio che porta alla violenza; se avremo avuto pazienza sull’esempio di Dio che è tanto paziente con noi; se, infine, avremo affidato al Signore nella preghiera i nostri fratelli e sorelle. In ognuno di questi “più piccoli” è presente Cristo stesso. La sua carne diventa di nuovo visibile come corpo martoriato, piagato, flagellato, denutrito, in fuga… per essere da noi riconosciuto, toccato e assistito con cura. Non dimentichiamo le parole di san Giovanni della Croce: « Alla sera della vi a, saremo giudicati sull’amore ».[12]

 

Parole chiavi per essere misericordia:

Lasciare: Se non si lasciano le propri sicurezze e non ci si abbandona alla volontà di Dio non accadrà mai la misericordia.

Accendere la luce, Pulisre la stanza , cercare attentamente:  Ascoltare la parola, confessarsi, e camminare

Aspetta:  Non avere fretta e non pretendere,  Dio ti aspetta

Far  festa:

 

Misericordia e miseria nella Tendopoli

Pur essendo molte le brocche  e le pecore che dobbiamo lasciare, le stanze che dobbiamo pulire, le luci che dobbiamo accendere, la pazienza che dobbiamo esercitare, credo che con Sant’Agostino possiamo dire  “la povera storia della mia vita, intessuta, per un verso, dall’ordito di singolari e innumerevoli benefici, derivanti da un’Ineffabile Bontà; e, per l’altro, attraversata da una trama di misere azioni, che si preferirebbe non ricordare, tanto sono manchevoli, imperfette, sbagliate, insipienti, ridicole”.

Ma proprio per questo vi invito a metterci davanti alle nostre povertà come diceva il santo: “Vedi che non nascondo le mie piaghe. Tu sei medico, io sono malato; tu sei misericordioso, io sono misero” (Le Confessioni X, 28.39)

 

Dove si manifesta la misericordia di Dio

  1. Siamo vivi. Ogni volta che guardo la nostra esperienza dico un sincero e stupito grazie a Dio. Sono 36 anni che facciamo la Tendopoli , abbiamo superato difficoltà che solo il ricordo mette angoscia; contemplare il miracolo di 36 anni di vita di questa non più tenera bambina è un miracolo di Dio che deve riempire il cuore di gioia ma anche di responsabilità. Benedico il Signore per le 19 tendopoli i Venezuela, e le 7 Tendopoli in Colombia.

Quindi la tentazione di contarci è sempre latente e pericolosa.  E’ vero, anche se nell’ultima tendopoli abbiamo avuto una leggera inversione di tendenza, che i numeri sembrano diminuire. Ma chi ci ha detto che sono i numeri a dare valore alle cose di Dio. Non può essere questo calo di numero un richiamo alla conversione personale? Non sarà stato questo il dono di Dio che ci ha fatto capire che non dovevamo essere noi a costruire la tenda ma doveva essere lui a farla proprio dentro  le nostre povertà?

  1. La comunità di Moricone. Era un sogno cullato da tanti anni, avere una comunità solo per la Tendopoli dove poter creare un luogo di incontro, di formazione e di accoglienza. Finalmente e in modo inaspettato ci è stata concessa la comunità di Moricone. Sarà una comunità aperta dove tutti possono venire per passare giornate di preghiera e di riflessione.  Con una opportuna programmazione, e appena i lavori che abbiamo in cantiere si realizzeranno , sarà opportuno che tutti i gruppi passino alcuni giorni di formazione. Vi chiedo di pregare perché presto possiamo diventare operativi.
  2. L’impegno lodevole della stuoia. Un elemento certamente positivo e incontestabile è il cammino che sta facendo la stuoia. Certo non è esente da imperfezioni e inefficienze, ma sento il dovere di ringraziarli per il non facile lavoro che hanno svolto.  E’ mio e vostro dovere ringraziare tutti dal presidente Camilla a tutti i membri della stuoia. Quello che mi piace mettere in evidenza, non è solo il lavoro di coordinamento e di animazione che hanno svolto, ma anche la appartenenza che hanno saputo manifestare.  Quello che ho evidenziato e lodato nella stuoia non mi sembra che si possa estendere a tutti  i membri della onlus.
  3. Il coro. Tra le cose più belle di cui possiamo essere fieri è il coro. Non mancano anche li dei problemi, ma sarebbe da ottusi non godere del dono grande che abbiamo.  Tengo a sottolineare che uno dei motivi della stabilità del gruppo è dovuta agli incontri formativi che fanno ogni anno. Credo che ogni gruppo dovrebbe pensare a questa possibilità.
  4. Sistemazione del magazzino. E’ stato un lavoro significativo e impegnativo sotto diversi punti di vista. Avevo non poche paure ad avventurarci nel lavoro, ma la collaborazione di tutti, l’impegno disinteressato ha reso possibile anche questo miracolo. Abbiamo un magazzino e una segreteria di lusso.Sulla spesa ci riferirà poi l’economo.
  5. La stampa del fascicolo sui 35 anni della Tendopoli. E’ stata un’opera apprezzata e indispensabile per documentare la crescita del nostro cammino. Appena abbiamo soldi dovremo fare anche la storia  della nostra esperienza.
  6. Giubileo a Roma. E’ stata una giornata significativa. Forse si poteva fare molto di più, ma ci è servita a toccare con mano chi lavora e chi non lavora nel proprio territorio.
  7. La peregrinatio Crucis. Nell’insieme è stata , per essere la prima volta, una esperienza positiva. In alcune parrocchie è diventata una forte occasione di evangelizzazione. La riuscita o meno della iniziativa è dipesa da diversi fattori, la presenza del sacerdote, l’organizzazione del calendario, la sensibilizzazione della parrocchia.
  8. Sito. Finalmente abbiamo il sito nuovo. Ci ha richiesto un considerevole impegno economico, ma siamo contenti  di avere uno strumento con il quale possiamo ritrovarci ed  interagire.
  9. Un grazie particolare a coloro che nel silenzio e nella totale gratuità curano il Giornale, la News la nostra presenza su facebook.   Si accettano suggerimenti  per eventuali miglioramenti.

 

Dove deve manifestarsi ancora la misericordia di Dio

E’ sempre facile vedere le cose che non vanno. Nel cammino inevitabilmente ci si stanca e la tentazione di rimpiangere la schiavitù dell’Egitto è costante e seduce. Se quindi facciamo questa analisi in cui mettiamo in evidenza i limiti della nostra esperienza non è certamente per piangerci addosso, ma per avere la conferma che stiamo camminando, che siamo vivi, con gli inevitabili difetti di chi cammina. Solo chi non cammina non cade e non si sporca. Non ci meravigliamo se zoppichiamo  ma è nostra preoccupazione indicare bene la strada. È meglio uno zoppo che cammina sulla strada, che un corridore fuori strada. (sant’Agostino)

  1. Nei riguardi di Dio. è mia impressione che la esperienza della Tendopoli in alcuni viene vista più come un “tempo vuoto, tempo libero”, un tempo dove posso o non posso starci,  e non come un dono di Dio che di fatto mi fa crescere nella fede e nella responsabilità. Forse alcuni vedono la tendopoli più come evasione  estiva  che come un progetto educativo. Deduco questo dalla costatazione  che alcuni giovani della tendopoli neanche vanno a messa. Non hanno una vita di preghiera. Si vergognano di testimoniare quello che credono.
  2. Nei riguardi di noi stessi. Dobbiamo lavorare ancora molto per fare crescere la responsabilità e la maturità delle persone che vivono la Tendopoli. Troppi ancora vivono , l’essere tendopoli, con emotività e opportunità. Ci si rapporta alla Tendopoli  secondo una sensibilità del momento. Per cui  assistiamo a delle assurdità in persone mature.

– Non si va al gruppo perché non si stima un membro del gruppo, si lascia il gruppo se il responsabile ci è antipatico,

– Si lasciano gli incontri dei responsabili e  di formazione con le scuse più assurde.

– Non si risponde alle lettere di invito, creando  seri problemi organizzativi.

– Essere testimoni, sentinelle o membri della ONLUS è meno importante della squadra di calcio, o degli appuntamenti di piacere. La Tendopoli viene dopo ogni altro impegno.

 

  1. Nei riguardi della Tendopoli Credo che l’anello più debole della filiera  “tendopoli” siano proprio i gruppi.  Il gruppo nel territorio è importante perché propone un progetto educativo. Dobbiamo con sofferenza costatare che ne sono rimasti pochi  e per di più con poche persone. Credo che questo sia una delle cause della nostra crisi. Occorre fare una seria disamina del fenomeno e assumercene tutti le responsabilità.

Credo che i gruppi non funzionino oltre per le motivazioni dette prima di mancanza di fede e di maturità, anche da :

–  Uno scollamento dei gruppi dalla Tendopoli stessa.  E’ difficile far camminare un gruppo quando i responsabili non partecipano agli incontri di formazione.  Una certa allegra, disimpegnata  e avvolte gratificante autogestione dei gruppi  crea  dispersione e personalismi.

– Molti capo gruppi sono diventati adulti, hanno trovato lavoro, hanno avuto dei figli e hanno dovuto abbandonare il gruppo e non siamo stati sempre capaci di trovare i sostituti.

– Una causa di questa situazione, di cui mi sento responsabile, dipende dal fatto che   mentre prima i capo gruppi erano scelti personalmente da me,  in seguito ho ceduto alla “richiesta” di una democrazia collegiale, con le conseguenze che i responsabili dei gruppi cadono bella tentazione di sempre: di prestare più attenzione al consenso degli uomini che a quello di Dio.  A questo errore occorre rimediare in modo rapido e deciso.

– Un altro aspetto che ha fatto traballare i gruppi  è stato una certa improvvisazione nel vivere il cammino proposto, sia nei contenuti che nella dinamica. Spesso non si partecipa agli incontri, i contenuti formativi sono spesso arbitrari e occasionali, i ritiri non vengono fatti, gli incontri regionali non sono più occasione di evangelizzazione.

– Infatti come riprova di quanto sto dicendo, i gruppi che si sono maggiormente vivi sono quelli che hanno un concreto impegno nella parrocchia. Che hanno un buon rapporto con il parroco e che hanno la possibilità di verificare la propria autenticità impegnandosi nella catechesi e nella animazione parrocchiale.

– Alcuni vedono  nella non continua  presenza dei sacerdoti  passionisti nel gruppo un’altra causa della mancanza di crescita  dei gruppi stessi.  Questo sicuramente  è  vero, tuttavia non possiamo pensare di dipendere dai religiosi.

– Purtroppo la Tendopoli per molti è solo un momento dell’estate e non un modo vi vivere la vita. La tendopoli non è una vacanza ma una proposta educativa. E’ chiaro se questo non accade grande responsabilità è sicuramente la mia, ma vi chiedo di interrogarci e dimmi concrete proposte per superare questa situazione.

 

Conclusione

Carissimi amici, concludo queste parole invitandovi a guardare il Calvario, ed in particolare ad ascoltare le parole che Gesù dice al ladrone pentito: “Oggi sarai con me in paradiso”. Mi auguro che queste parole possano essere  dette a me e a voi e poterci ritrovare tutti a cantare l’alleluia..

Ma fino a quel momento, che non sappiamo quando accadrà,  siamo destinati a  restare sospesi tra cielo e terra, tra il bene che vorremmo fare e le inevitabile mancane o peccati che compiamo, tra il buono e il cattivo ladrone, tra coloro che ci ripetono che  è una scelta intelligente scendere dalle nostre responsabilità e  quella donna  Maria,  la Chiesa, la tendopoli che sta sotto ad incoraggiaci, a tifare per noi, a supplicarci di non mollare, perché dopo tutto , anche dopo la morte, dopo il peccato le sue braccia di misericordia sono aperte per accoglierci.

Vi voglio bene P. Francesco