Domenica 6 Agosto 2023
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

COMMENTO

Tutta la Tendopoli è dentro questa frase: “ E’ bello per noi stare qui”. Su questa espressione di Pietro ho meditato tantissime volte con i ragazzi, ma in quest’ultima Tendopoli un giovane ha “intagliato” la ricchezza e la bellezza dell’espressione, affermando: “E’ bello per noi stare qui perché nella Tendopoli si sperimenta una fede a colori”. Meraviglioso! Come la trasfigurazione è un’esplosione di colore: “Il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce”, la stessa cosa è la Tendopoli. Non solo la Tendopoli ma tutta la vita, è la fatica, aspra e gioiosa, per liberare tutta la luminosità e la bellezza sepolte in noi. Ogni uomo è una tessera colorata che deve trovare il suo posto nel mosaico della vita.

Signore stanami dl “posto sicuro” senza vita, dal ruolo senza amore. Liberami dalla tentazione del posto fisso, del compito per mestiere, del cristiano per dovere, del prete per impiego, e spostami niella deserto della vita senza chiavi in mano, dove camminare senza l’agenzia che mi assicura, senza pretendere il contratto indeterminato. Qui, sul monte con Te, sono di casa, altrove sono sempre fuori posto. È bello per me essere qui, grazie.


Domenica 30 Luglio 2023
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra. Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche». Parola del Signore.

COMMENTO
Caro Gesù, cos’è stata, cos’è la mia vita e l’esistenza di ogni uomo, se non una bramosa ricerca quotidiana della felicità? Il vero tesoro della vita è la gioia, è essere felici. Dio ha iniziato la storia di amore con l’uomo per renderlo felice: “Perché tu sia felice“ (Dt.6,3). Per questo quando uno trova il “tesoro”, la felicità, vende tutto per averla. Pensavo, quando ero più giovane, che una volta trovato il tesoro, uno po’ stare sereno e tranquillo. La vita, però, mi ha insegnato che non è facile conservare e difendere il tesoro trovato. Conservare il tesoro e custodirlo significa vivere in funzione della scoperta, diventare “schiavi per amore del tesoro trovato”. Come due persone che si amano vivono lo stupore della libertà nell’obbedienza all’amore. Nessuna ricerca e nessuna attesa è faticosa per chi ama, come nessun viaggio è lungo per chi ama. Leggevo: “ Noi avanziamo nella vita non a colpi di volontà, ma per una passione, per scoperta di tesori” (cfr Mt 6,21). Forse è vero. Nessun tesoro trovato mi può condizionare, ma solo stimolare, non po’ darmi la tranquillità dell’impiegato, ma l’inquietudine dell’innamorato. Grazie Gesù, vero tesoro della mia vita che mi conquisti senza schiavizzarmi, che mi dai gioia senza drogarmi. Sei Tu il tesoro che mi fa fiorire per diventare quello che devo essere. Che mi poti perché porti più frutto. Ogni giorno con Te è un investimento: aiutami a vendere per guadagnare, a lasciare molto per avere di più, a perdere per vincere, a morire per vivere.


Domenica 23 Luglio 2023
Dal Vangelo secondo Matteo. In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granaio”». Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami». Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».

COMMENTO
Gesù, con la Parola di domenica scorsa, hai scandagliato il mio cuore facendomi toccare con mano che il mio terreno è stagionale, instabile e umorale. Alcune volte “rifiuta” la tua parola, spesso è “incostante”, altre volte gestisce la tua parola in modo “farisaico” e, qualche volta, grazie al tuo aiuto, è anche fertile. Devo però costatare, Gesù, che nel tuo e mio terreno, dove hai seminato il seme buono, cresce insieme al grano, anche l’erbaccia; io vorrei sradicarla, invece tu mi dici: “Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura. Perché”?
“Carissimo, sono due i motivi: il primo è che tutti noi a volte siamo grano e altre volte erbaccia, e purtroppo siamo tentati di guardare più l’erbaccia che sta al nostro fianco, che quella che sta dentro di noi. Non dobbiamo estirpare ma cambiare, non giudicare ma amare. L’attesa intrisa di speranza, la consapevolezza della propria povertà, sono il terreno dove germoglia il seme di Dio. L’intransigenza, il cercare l’autenticità a tutti i costi, la rigidità di volere un campo di grano senza erbaccia è pericolosa, perché i confini tra bene e male, tra giustizia e ingiustizia a volte, non sono così netti.
Il secondo motivo è che «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata». Questo devi fare: Devi essere lievito che mescolato all’erbaccia produce una spiga nuova, una spiga di amore, e, in questa fertile libertà, lascia al mietitore, quando è ora, la separazione dell’erbaccia dal grano”.
Grazie Gesù, perché spiga si diventa, non si nasce. Grazie perché l’erbaccia che è dentro e fuori di me, mi educa all’umile vigilanza, ad attendere e non pretendere, a donare e non giudicare. Mi affido a te e confidando nel tuo amore, aspetto il giorno della mietitura.


Domenica 16 Luglio 2023
Dal Vangelo secondo Matteo

Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».

COMMENTO
Caro Gesù, ma non Ti stanchi mai? Anche questa mattina, come tutti i giorni, esci per seminare la Tua parola sul mio terreno, grazie. La prima cosa che mi fai notare che c’è “tanta folla” sul mio terreno, c’è troppo rumore intorno e dentro la mia vita. Mi guardi, mi lasci, con l’anonima folla parcheggiata sulla spiaggia, Ti siedi su una barca e mi dici:
“E’ una vita ch ogni giorno esco a seminare il tuo terreno. Lo so che il tuo amore è come “una nube del mattino, come la rugiada che all’alba svanisce”, ma io Ti amo come sei. Non ti scoraggiare; devi sapere che io ho continuato e continuo a seminare, anche quando sei andato per la tua strada: “dammi la parte che mi spetta” e i sassi nell’asfalto del tuo cuore indurito, hanno permesso agli uccelli di beccare il mio seme. Ti ho amato quando hai accolto la mia parola con l’emozione del primo amore, ma non c’era “molta terra”, non c’era sostanza e quando spuntò “il sole” della dura quotidianità, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Tante volte hai pensato di essere bravo, ti sei fatto bello con la Mia parola, Mi hai predicato ed annunciato, hai “fatto tanto, ma non ti sei lasciato fare”. Hai pensato di essere bravo, ma i rovi del consenso e della stima del mondo, ti hanno seccato. Continuo a volerti bene, nonostante tutto, perché vedo il terreno fertile che c’è in te, godo della tenacia con cui liberi dai sassi e fertilizzi con l’amore, la terra dove il mio seme cade per fruttare, a seconda delle circostanze, “il cento, il sessanta, il trenta per uno”.
Grazie Gesù, che cosa posso desiderare se non di essere amato da Te. Prendimi come sono nelle mutevoli stagioni della mia vita. Sei Tu che mi hai creato, sono la Tua terra, plasmami con le Tue mani, concimami con il Tuo amore, arami con la Tua croce, e aspetta che la Tua pioggia , la neve e il sole maturi il Tuo seme.


Domenica 9 Luglio 2023
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

COMMNETO
“Venite a me!” Eccomi Signore, dove mi conduci, cosa mi offri? La Tua proposta è chiara: “Prendete il mio gioco sopra di voi, e imparate da me che sono mite e umile di cuore”. Non mi offri cioccolatini o una spensierata vacanza in un’esotica spiaggia, ma un compito preciso: Prendere il giogo. Il giogo è fatica, sudore; si mette sul collo delle vacche quando devono arare. Il giogo permette all’aratro di dissodare, arare, fare solchi, seminare. Tu mi chiedi di prendere non un giogo qualsiasi ma “ il Tuo giogo”. Non il giogo della legge che costringe, limita e schiaccia. Il Tuo è il giogo dell’amore, è un tiranno amabile, che non ferisce mai la verità del mio cuore, non mi vieta mai ciò che dà gioia e vita, ma è instancabile nel lavorare il cuore perché possa generare, curare, ripartire. E’ vero Signore il Tuo giogo è dolce e leggero, perché rende possibile, all’aratro del mio io, da Te guidato, di fare solchi di speranza che, da un lato realizzano il mio essere, e dall’altro ricolmano di festosa esultanza il mio cuore nel vedere fiorire il sorriso e la riconoscenza sul volto delle persone incontrate.
Per questo anch’io ti ringrazio, Padre che “hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”, non poteva essere diversamente. Dice S. Agostino: “Se t’innalzi, Dio si allontana da te, se ti umili, Dio scende fino a te”. Aiutami Signore a scendere dal finto palcoscenico, costruito sulla stima e le gratificazioni del momento, per rimanere, con l’aratro del mio io, nel fertile e infinito silenzio della madre terra.


Domenica 2 Luglio 2023

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

COMMENTO
Caro Gesù, fammi capire: Come posso amare Te più di mia madre e di mio padre? Mi sembra che mi chiedi un po’ troppo. Fammi capire?
“Vedi figliolo, ti spiego: Come quando un ragazzo o una ragazza incontrano l’amore, lasciano la madre, il padre, i fratelli e le sorelle per seguire l’amore incontrato, questa stessa scelta radicale voglio da te. Come per gli sposi l’amore è la ragione della loro vita, anzi quell’amore è la loro vita, io, o meglio il mio amore, deve essere la tua vita. I genitori ti hanno “consegnato la vita”, ma io sono la vita, io sono prima di loro e resto dopo di loro. Ecco questo io ti chiedo: Devi amarmi più di loro perché io sono in loro, io sono la ragione della tua e della loro vita”.
Grazie Gesù, però poi mi dici: “Chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. Che vuol dire predere la croce e seguirti?”.
“Madre Teresa diceva: “La vita è una croce, abbracciala”. La Croce non è sofferenza è amore. Non ti ho messo al mondo per soffrire, ma per amare. Amare è la fatica della vita che ti scolpisce per diventare Mia immagine. Ti ho anche detto che: “Chi avrà̀ tenuto per sé́ la propria vita, la perderà̀, e chi avrà̀ perduto la propria vita per causa mia, la troverà”. Perdere la vita non significa farsi uccidere, ma come ti ho insegnato, vuol dire vendere tutto per comprare il tesoro. Si vende per comprare, si perde per amare. Solo una vita donata è una vita risorta. Non lo dimenticare mai: “Tu possiedi veramente, solo ciò che hai donato ad altri.”
Grazie Gesù.


Domenica 25 Giugno 2023
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze.
E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo.
Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!

COMMENTO

Caro Gesù grazie, è vero non posso e non devo avere paura, perché la paura non esiste in nessuna parte se non nella mia mente. E’ tragico, ma è vero, la paura ce la costruiamo noi ogni giorno. Il giudizio della gente, l’ansia di adeguarci all’opinione corrente, genera la paura. Per sopravvivere ci mascheriamo del nostro io e diventiamo “marionette consumate”, scartate, condannate a bivaccare nell’angoscia.
Con la vita, Gesù ho compreso che il contrario della paura non è il coraggio ma la fede. Chi crede non teme, chi ha paura non crede. Quando i discepoli ebbero paura perché il vento e la tempesta mettevano in pericolo la loro vita tu, dicesti loro: “Perché avete dubitato, uomini di poca fede”.
Grazie Gesù, la tua parola, “ non temere, tu vali molto più di molti passeri” mi rende felice, amato, le tue mani sono il mio nido, dove posso abitare senza paura.


Domenica 18 Giugno 2023

In quel tempo, Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe perché mandi operai nella sua messe!»…..”I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome”.

COMMENTO
«I settantadue tornarono pieni di gioia». E’ vero Gesù, Io l’ho sperimentato tante volte e ti ringrazio. La gioia è il frutto della missione. Non è generata dalla capacità o competenza di chi annuncia, ma dalla bontà stessa della Tua Parola. Sulla mia pelle tante volte ho verificato, che non è la “tecnica di vendita” l’origine della gioia, ma la bontà stessa del prodotto che si propone. La gioia non sono io, ma sei Tu.
E’ vero inoltre, Gesù, che questa gioia germoglia nella libertà di essere inviati: “Ecco io vi mando, non portate né sacca né bisaccia”. Andate. La libertà di essere mandati, nella consapevolezza della propria inadeguatezza, è l’inesauribile sorgente della vera gioia. Io sono con te, non temere.
Ti ringrazio perché a lavorare nella tua messe non mandi super uomini plurilaureati, super dotati, abituati a vincere, ma semplici pescatori, bisognosi di amore e di perdono come me. Non ci chiedi di trattare la tua messe con la “prepotenza di una mietitrebbia”, ma con l’umiltà di chi si sente amato e scelto nonostante le proprie povertà. Grazie perché la tua messe mi educa a donare non ad avere, a perdere non a vincere. Grazie perché, è una vita che lavorando nel tuo campo, mi hai addestrato all’amore, non alla vittoria.


Domenica 11 Giugno 2023

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». (Gv 6,51-58)

COMMENTO
Caro Gesù, ma come puoi darmi da mangiare la tua carne? Che cosa significa mangiare il Tuo corpo e bere il Tuo sangue? E’ un rito tribale? “No, ascoltami: Se mangi la mia carne e bevi il mio sangue, rimani in me ed io in te. Mi faccio cibo per essere mangiato e così entrare in te, prendere dimora presso di te. Vedi come nell’incarnazione mi sono fatto carne nel ventre di Maria, così attraverso l’Eucarestia mi faccio carne nella tua carne. È il mistero dell’amore: Amare, infatti, significa dimorare nel cuore dell’amato, essere una sola carne con lui (Gn 2,24). E’ accettare di essere amato da me, che muoio per te, affinché possa dimorare dentro di te. L’eucarestia è dire sì al mio amore”.
Grazie Gesù, perdonami, mi sono abituato alla tua presenza, il mio amore è stanco, spesso celebro l’Eucarestia con abitudine. Non mi appassiono a Te, folle innamorato, che per donarsi come cibo a me, muore di amore. Gesù, questa sera, quando farò la processione solenne con il tuo corpo Eucaristico, liberami dall’ipocrisia di mostrare quello che non vivo, aprimi gli occhi per scorgere il Tuo corpo nei “tabernacoli scomodi della miseria, del bisogno, della sofferenza, della solitudine”. Grazie aumenta la mia fede.


Domenica 4 Giugno 2023
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».

COMMENTO
Caro Gesù, ieri, mentre preparavo l’omelia per il giorno della Trinità. Mi sono imbattuto in una disputa Medioevale. Diceva un musulmano: “Dio, per noi, è uno; come potrebbe avere un figlio?”. Rispose un cristiano: “Dio, per noi, è amore. Come potrebbe essere solo?”. Bellissimo. Il mio Dio non può strare da solo, è amore. Ti ringrazio Gesù, che non sei entrato nella mia storia per caso o per sbaglio, ma perché Il “Dio ha tanto amato il mondo da mandarti a trovarmi”. Mandato dall’amore, ti sei istallato come amore nella mia vita, perché io diventassi amore. Ero solo e tu mi hai raggiunto, mi hai fatto amore, hai riempito la mia solitudine. Ti prego Gesù, aiutami, perché il mondo in cui vivo, mi “ruba la solitudine senza farmi compagnia”, mi stordisce con video assordanti, parole bugiarde, paradisi di morte. Mi lascia solo, vuoto, senza compagnia, senza vita e il “cuore se ne va a pezzi dietro i cancelli dei miei recinti”, in una disperata ricerca di uno “stent” per un’angioplastica che lo faccia illudere di sopravvivere. Aiutami Gesù a essere amore. Donami lo stupore appagante di stare solo, di essere cioè libero, perché questa è la condizione prima per diventare amore. Solo chi è capace di stare da solo è capace di amare. Questa è la Trinità: Solo Dio totalmente solo, può totalmente amare, fare cioè, comunione.


Domenica 28 Maggio 2023

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

COMMENTO
Caro Gesù, era il primo giorno della settimana. Ogni giorno per Te che mi ami, è sempre il primo, è sempre il primo amore, l’alba di un nuovo giorno, il momento di ripartire. Grazie. Oggi, giorno della Pentecoste, nonostante che anch’io come i discepoli, spesso vivo “a parte chiuse” Tu irrompi nelle mie paure mi mostri le Tue mani di misericordia, ferite di amore. E anch’io come i discepoli “ gioisco” nel sentirmi amato, e mandato. Ti prego Gesù manda il Tuo spirito perché la mia gioia sia piena. Rendimi folle di un amore temerario, nella certezza: che non sono più io che lotto, ma sei Tu che lotti con me. Tu mi ricrei ogni giorno, con il dono del tuo spirito, mi fai nuovo, mi rendi capace di uscire dalla tenda del mio io per abitare il tempio del Tuo amore. Grazie, questa è la mia pace ma anche la mia forza, è quell’abbraccio dell’amore infinito che ti fa comprendere che la vera gioia sta non tanto nell’amare, ma nell’essere amato, non sta nel fare ma nel lasciarsi fare. Mi abbandono a Te Gesù, e se mi stupisce e gratifica l’avermi scelto e mandato a testimoniare la tua parola, ti prometto che ce la metterò tutta per non deluderti. Grazie!


Domenica 21 Maggio 2023
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

COMMENTO
Sei unico Gesù. Grazie. Mi ci sono voluti anni per comprendere quelle tue parole «È bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paraclito» (Gv 16,7), cioè lo Spirito. Si Ti sono grato che “te ne vai”. Non mi vuoi attaccato al tuo mantello, al tuo miracolo, al tuo fascino. Mi vuoi libero. Questo è il vero amore per me: la Tua è una presenza che non vuole condizionare la mia scelta. Al contrario, fai spazio a me, perché il “vero amore genera sempre una vicinanza che non schiaccia, non è asfissiante, è vicino ma non possessivo; anzi, il vero amore mi rende protagonista”. Ti fidi di me. Affidi a me il compito di completare la Tua opera. Adesso capisco perché i discepoli dopo l’Ascensione “tornarono a Gerusalemme pieni di gioia”… La causa della loro gioia stava nel fatto che quanto era accaduto, non era stato in verità un distacco: anzi essi avevano ormai la certezza che Tu Crocefisso e Risorto eri vivo, e in Te s’inaugurava la nuova, definitiva e insopprimibile forma della Tua presenza nella Storia. Signore Gesù, ti prego aiutami, accogliendo l’invito dei “due uomini in bianche vesti”, di non rimanere a fissare il cielo, ma a partire pieno di gioia, e sotto la guida dello Spirito Santo, per andare dappertutto a proclamare il tuo amore folle, rivelato nella Tua morte e risurrezione “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,19).


Domenica 14 Maggio 2023
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui». Parola del Signore

COMMENTO
Caro Gesù, tu lo sai, che la forza della mia povera e ormai “stagionata” esistenza, è nella certezza, di essere amato. Sento forte il tuo quotidiano invito da “folle innamorato” che mi ripeti: “Rimani in me, come il tralcio è unito alla vite”. Non devi fare nessuno sforzo, devi arrenderti e convincerti che io sono in te e tu sei in me. Tu sei immerso, affogato nel mio cuore, sei inzuppato del mio amore. Ti ho amato come sei e dove sei, ti ho cercato quando, come la pecorella, sei fuggito e ti sei smarrito, mi sono fermato al tuo fianco, quando sei incappato nei briganti. Ti ho sollevato quando eri paralizzato e ti ho guidato quando eri cieco”.
Grazie Gesù, questo tuo proporti da “folle innamorato” mi pone una domanda: “ Se mi ami, osserverai i miei comandamenti” Quali comandamenti? .Sai Gesù, con la vita ho capito che non è poi tanto difficile osservare i comandamenti scritti sulle tavole della legge, ma è difficile vivere e osservare i comandamenti scritti nella carme dell’uomo che incontro ogni giorno. Non la legge ma la vita del fratello devo amare. Tu mi chiedi di abitare le sue ferite, le sue gioie e i suoi fallimenti. Questo mi comandi, non è sempre facile, aiutami. Perdonami Gesù perché spesso, mi rifugio nell’osservanza della legge e orgogliosamente mi arrocco nel bunker del diritto canonico, ho sempre la pietra pronta per condannare e fare applicare la legge e non visito la carne ferita del fratello, non mi fermo ai tuoi piedi per pregarti, passo i miei giorni appiccicato al computer o al telefonino, a leccarmi le ferite e a piangermi addosso.


Domenica 7 Maggio 2023
+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre».

COMMENTO
Caro Gesù ti ringrazio, la Tua parola di questa mattina «Non sia turbato il vostro cuore. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore” mi riempie di gioia e di speranza. Credimi, però Gesù, non è facile in questo momento storico, non essere turbati e angosciati. Siamo inquieti, non, per le guerre, per il crollo della famiglia, per le critiche alla chiesa, ma perché non troviamo, nel tempestoso mare del consumismo imperante, la risposta alla domanda: Perché vivo?- Non sappiamo dove appoggiare la vita; la terra ferma, dove piantare la tenda, non appare all’orizzonte. Tu lo sai Gesù, l’uomo, da quando esce dal grembo della madre, va cercando uno spazio dove dimorare, si domanda dove sto andando, va questuando un affetto a cui consegnare il cuore inquieto, dove far “nidiare” l’amore. Con gli anni ho capito, anche se la fatica della ricerca continua, che l’uomo sarà sempre turbato finché non trova “questo nido” dove far nascere l’amore, dove partorire la vita. Come fare? Tu Gesù me lo dici: “Quando vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi”. Che bello, grazie Gesù. Tu vieni di nuovo, arrivi a cercarmi. La dimora non è solo una meta, ma il viaggio da fare in compagnia con Te, Tu sei venuto a prendermi, diventi la mia casa, per portarmi alla dimora che hai da sempre preparato per me. Non mi costringi a seguirti, ti proponi. Non mi offri una mappa per arrivare, non mi dai le coordinate della tua posizione, mi chiedi di seguirti. Grazie Gesù, tu cammini davanti a me, con Te che apri la strada, non devo agitarmi per trovare la mia posizione, tu sei la mia dimora, sei il “camper di Dio” che mi porta alla casa del padre. Grazie.


Domenica 30 Aprile 2023
In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza». ( Gv.10,1-109 )

COMMENTO
Grazie Gesù perché non sei venuto a raccontarmi favole ma: “Perché io abbia la vita e l’abbia in abbondanza”. Non sei venuto per rimproverarmi, per castigarmi, per condurmi alla morte, ma per darmi la vita; una vita piena, una vita di gioia. Per trasformare la mia esistenza in una festa, e celebrare la gioia del pastore che raccoglie la pecorella smarrita e se la carica sulle spalle. Grazie perché la ricerca per liberare, guarire e dare la vita a questa pecorella smarrita, durava da tanto tempo; lo avevi promesso: “Israele, ascolta, perché tu viva ed entri in possesso del paese che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi”. (Dt.4.1) Tu sei il paese che Dio mi aveva promesso. Tu Gesù sei la vita che mi raggiunge. Sei il Regno vivente, il Banchetto di nozze.
Tu mi chiami per nome. Gesù Tu lo sai: quando ero fanciullo, ho fatto anche il pastore, ma le pecore non le conoscevo per nome, erano tutte uguali, avevano solo un marchio, il nome del padrone. Erano proprietà di un altro. Erano cose. Tu invece mi chiami per nome, sei grande. Dici il mio nome, ti sto a cuore, non mi confondi con nessun altro. Ma la cosa più bella è che mi conduci fuori, all’aperto, fuori dei recinti delle gabbie costruite dall’uomo. . M’inviti a un rapporto personale, d’intimità nell’amore.
Grazie perché non mi spingi, non mi costringi, non cammini dietro ma sei davanti, fai apri pista, spalanchi la strada ed io “sintonizzato sulla tua parola” non ho paura, cammino, corro, volo, nell’obbediente libertà dell’amore. Grazie.


Domenica 30 Aprile 2023
In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza». ( Gv.10,1-109 )

COMMENTO
Grazie Gesù perché non sei venuto a raccontarmi favole ma: “Perché io abbia la vita e l’abbia in abbondanza”. Non sei venuto per rimproverarmi, per castigarmi, per condurmi alla morte, ma per darmi la vita; una vita piena, una vita di gioia. Per trasformare la mia esistenza in una festa, e celebrare la gioia del pastore che raccoglie la pecorella smarrita e se la carica sulle spalle. Grazie perché la ricerca per liberare, guarire e dare la vita a questa pecorella smarrita, durava da tanto tempo; lo avevi promesso: “Israele, ascolta, perché tu viva ed entri in possesso del paese che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi”. (Dt.4.1) Tu sei il paese che Dio mi aveva promesso. Tu Gesù sei la vita che mi raggiunge. Sei il Regno vivente, il Banchetto di nozze.
Tu mi chiami per nome. Gesù Tu lo sai: quando ero fanciullo, ho fatto anche il pastore, ma le pecore non le conoscevo per nome, erano tutte uguali, avevano solo un marchio, il nome del padrone. Erano proprietà di un altro. Erano cose. Tu invece mi chiami per nome, sei grande. Dici il mio nome, ti sto a cuore, non mi confondi con nessun altro. Ma la cosa più bella è che mi conduci fuori, all’aperto, fuori dei recinti delle gabbie costruite dall’uomo. . M’inviti a un rapporto personale, d’intimità nell’amore.
Grazie perché non mi spingi, non mi costringi, non cammini dietro ma sei davanti, fai apri pista, spalanchi la strada ed io “sintonizzato sulla tua parola” non ho paura, cammino, corro, volo, nell’obbediente libertà dell’amore. Grazie.


Domenica 23 Aprile 2023

Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.
Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».
Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».
Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane. Lc 24,13-35

COMMENTO
Gesù, è meraviglioso. Questo farti pellegrino, mio compagno di viaggio, mi dice tutto di Te. Sei L’AMORE che per me si è fatto Strada, Parola, Eucarestia. In questo Tuo farti prossimo a me, sperimento la mia vita di sempre, la felicità che mi doni e che vivo anche di questi giorni, mentre annuncio la tua Parola per le strade di Atessa.
Tu ti sei fatto strada, per incrociare, camminare, guarire la mia povera terra impastata di delusioni , fallimenti e di peccati. Sei sceso nella polvere sterile della mia presunzione per bonificarla, per rendila fertile, abitata, generante. Grazie, perché annunciare la tua misericordia che ho sperimentato nella mia vita, è la vera libertà che mi dona gioia e riempie la mia vita.
Camminando al mio fianco, sul sentiero della mia storia discontinua, mi doni con la Tua Parola, preziose istruzioni per l’uso, per comprendere come far germogliare la verità che hai seminato nella mia arida terra. Come camminare anche nel buio, come rialzarmi quando cado, come perdonare quando mi sento offeso. Come perdere quando pretendo di vincere. Grazie perché anche in questi giorni di missione, verifico come la tua parola risuscita chi l’accoglie.
Tu Signore, ogni qual volta che scende la sera, e la fatica giustificherebbe il fermarsi, Ti fai pane, cibo che mi nutre e mi da la forza, per ripartire, per annunciare che Tu sei risorto, sei vivo. Il pane che Tu mi doni è la forza che mi rende idoneo a diventare pane che si spezza, amore che si dona.
Grazie perché da sempre mi chiedi, come ai discepoli, anche se spesso non ci riesco, di “dare me stesso da mangiare”, di diventare Eucarestia, E’ vero non è facile Signore, non sempre ci riseco, ma quando con la tua forza, prendo dalle tue mani il pane dell’amore e lo dono con amore, il miracolo della moltiplicazione del pane-amore si ripete. Grazie.


Domenica 16 Aprile 2023

Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

COMMENTO
Gesù, sicuramente Tommaso era un tipo testardo, ma tu non sei da meno. Lui è ostinato perché giustamente, pretende di vedere e Tu sei tenace nell’amore perché non vuoi perdere la pecorella dubbiosa; vuoi guarire, con l’amore, la poca fede di Tommaso. L’evento accadde così. Gli apostoli erano euforici e stupiti, mentre raccontano a Tommaso, di averti visto risuscitato, ma lui, con fare orgoglioso, tuona: “Se non vedo nelle Sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel Suo fianco, io non credo”. E tu, Gesù, folle di amore, gli vai incontro, con le braccia aperte e le mani spalancate, con una delicatezza di padre, che conosce l’immaturità del figlio, non lo rimproveri, ma guardandolo negli occhi sussurri: “ Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani, tendi la tua mano e mettila nel mio fianco, e non essere incredulo ma credente”. Come se gli dicessi: tocca, prendi, questo è il mio tesoro è tutto per te. Sei grande Gesù! Tommaso cade a terra, e con gli occhi che lacrimavano di gioia, esclama: «Mio Signore e mio Dio!».
Grazie Gesù perché ti proponi a Tommaso con le ferite aperte: “Esse sono il racconto dell’amore scritto sul Tuo corpo con l’alfabeto delle ferite”. Dalla cattedra della croce una nuova lingua mi vuoi insegnare: L’amore. Vedi Gesù, le mie piaghe non mi fanno più paura, perché Tu le hai toccate, le hai amate. Ora comprendo l’espressione della liturgia: “ Dalle tue piaghe noi siamo stati salvati”. Si non posso e non devo piangere o lamentarmi delle piaghe che incontro, ma accettarle perché crocifisse nell’amore tuo Gesù, e dalle feritoie che i chiodi hanno lasciato mi invade una luce abbagliante che mi dice: “ Tu sei l’amato in te mi sono compiaciuto”. Grazie.


Domenica 9 Aprile 2023
Dal Vangelo secondo Giovanni

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

COMMENTO
Amici carissimi Auguri. Tutti noi, come Maria del Vangelo, con il fiato grosso e con le lacrime agli occhi, in questo momento storico povero di speranza, gridiamo: “Hanno portato via il mio Signore”. Ma loro, Pietro e Giovanni, nonostante la triste notizia, si misero a correre e videro che la tomba era vuota. L’amore è più forte della morte. Perché amavano correvano. L’amore che corre è resurrezione. Chi non ama non cammina, aspetta e si lamenta nella penombra umida del pessimismo. A tutti voi, amici della Tendopoli, auguro di “uscire e di correre”, non perché ci hanno raccontato che Gesù è risorto, ma perché, mentre tutti ci ripetono che ” Gesù è finito” noi, con il nostro “camminare nelle nebbie del pessimismo imperante”, sperimentiamo per noi e e testimoniamo per gli altri, che la tomba è vuota, la vita è possibile perché ogni giorno è un nuovo inizio: Gesù è risorto. La Pasqua ci ricorda che quando siamo stanchi di camminare, è giunto il momento di metterci a correre.


Domenica delle Palme 2 Aprile 2023

Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano:
«Osanna!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore!
Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!
Osanna nel più alto dei cieli!».

COMMENTO
Caro Gesù penso che mentre cavalcavi quel povero asinello,e la gente ti osannava Tu non eri felice. Sapevi quello che Ti sarebbe accaduto: Quell’osanna di una folla plagiata, diventerà crocifigge, Giuda Ti tradirà con un bacio e Pietro, codardo, Ti rinnegherà. Gesù è la Tua ora. Devi scegliere tra il consenso degli uomini o la gloria di Dio. Loro non sanno Tu lo sai. Nel tuo cuore c’è lotta, devi scegliere. Ti sento gemere: “Ora l’anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome”. (Gv.12,27-28)
Grazie Gesù, non mollare, Ti sono vicino,Ti seguirò in questa settimana. Non il mantello ma me stesso stenderò ai tuoi piedi, come mi suggerisce sant’Andrea, Vescovo di Creta: «Stendiamo, dunque, umilmente innanzi a Cristo noi stessi, piuttosto che le tuniche o i rami inanimati e le verdi fronde che rallegrano gli occhi solo per poche ore e sono destinate a perdere, con la linfa, anche il loro verde. Stendiamo noi stessi rivestiti della sua grazia, o meglio, di tutto lui stesso … e prostriamoci ai suoi piedi come tuniche distese … per poter offrire al vincitore della morte non più semplici rami di palma, ma trofei di vittoria. Agitando i rami spirituali dell’anima, anche noi ogni giorno, assieme ai fanciulli, acclamiamo santamente: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele”» (PG 97, 994)


Domenica 19 Marzo 2023
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

COMMENTO
Grazie Gesù. E’ stupendo quello che hai fatto e fai per e con me. Nessuno mi vedeva, nessuno mi filava. Ai margini della strada, solo, umiliato, non vedente, accartocciato in una mortale rassegnazione, aspettavo la fine. Poi, Tu, solo Tu, mi hai visto. Non guardavi la mia cecità, i miei limiti, il giudizio della folla che continuamente mi sbatteva in faccia il mio nulla, la mia colpa. Non ascoltavi il violento e umiliante tam, tam, della gente che continuava a farmi sentire, non buono, non bravo, non bello. Tu, solo Tu, mi hai visto e ti sei avvicinato. Tu con il tuo amore, non mi hai giudicato, non mi hai attribuito nessuna colpa. Con amore mi hai fatto toccare con mano la mia cecità, il mio nulla, la mia povertà, e con questa terra, “fango” del mio nulla, hai cominciato la nuova creazione. Me lo hai sbattuto in faccia, lo hai strofinato negli occhi e mi hai detto una sola cosa: “Va, cammina, vatti a lavare”. Cioè esci dalle tue paure, non guardare indietro, io ti amo e ti perdono. Grazie Gesù è vero, Tu sei la luce del mondo, perché hai tolto dai miei occhi, la paura della morte, l’angoscia per i giudizi dell’uomo, il pessimismo per le mie incoerenze. Grazie perché, e questo è il vero miracolo, sentirmi amato, nonostante il mio fango, mi ha reso nuova creatura, luce vera che non teme le tenebre. Grazie.


Domenica 12 Marzo 2023

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere!, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua. Vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare».

COMMENTO
Caro Gesù la tua richiesta a quella donna venuta al pozzo ad attingere acqua: “ Dammi da bere”, mi ha fatto tornare alla mente una frase che ho letto in qualche parte: “La fede è la risposta al corteggiamento di Dio”. Se l’uomo è il tuo Amore fatto carne, è la tua creatura che dal momento della creazione corteggi: “Io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio. Ma più lo chiamavo, più si allontanava da me”.(Osea 11.1-2) . Tu Gesù, “affaticato”, per questo lungo viaggio di amore, sedevi presso il pozzo. Arriva una donna ad attingere acqua. E’ assetata, rassegnata, forse bisognosa d’amore. E’ davanti a te. Il corteggiamento durato anni è alla fine. Ti dichiari, ci provi: “ Donna dammi da bere”! Scandalo! “Come ti permetti? – risponde la donna-, un Giudeo non può parlare con una samaritana!” Tu, Gesù, la guardi con amore, diventi dolce, parli al suo cuore: “ Se tu sapessi”, come a dirle: “Se sapessi quanto ti amo. Se sapessi quanta strada ho fatto per incontrarti, e quello che farò per te. Tu cerchi l’acqua io ti farò sorgente”.
Non capisce. Non vuole o forse non può capire. “Non ti conosco, sei giudeo, il pozzo è profondo, e poi non hai i mezzi per attingere l’acqua”. Ma Tu Gesù, “pazzo di amore” ci provi: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Come a dirle: “Ma tu sei felice? Hai un marito che ti ama?” Risponde la donna: «Io non ho marito». Il corteggiamento è finito. Tu Gesù la lodi: hai risposto bene. La donna è cotta, si sente nuda, scoperta non ha l’amore ha solo amori, è sola pur avendo cinque mariti. Si sente amata e non giudicata, è libera. Lo sposo ha raggiunto la sposa. Lo aveva detto il profeta: “Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma tu sarai chiamata Mio compiacimento e la tua terra, Sposata, perché il Signore si compiacerà di te e la tua terra avrà uno sposo”. (Isaia 62,4) Grazie Gesù mio amato sposo.


Domenica 5 Marzo 2023
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

COMMENTO
Gesù, il tuo invito a stare con Te “su un monte in disparte” è stata la mia vita. Non posso non ripetere con Pietro, che è stato ed è “bello stare con Te”. E’ bello perché stare con Te, non è un punto di arrivo, è un punto di partenza, un quotidiano inizio di un meraviglioso gioco d’amore. E’ la scoperta di essere amati, è l’incontro del Tuo “volto che brilla come il sole”, che mi ama e riscalda, mi è vicino, mi tocca e mi ripete, anche se sono a terra impaurito: «Alzati non temere».
Grazie Gesù, questa tenerezza non meritata, è l’inizio di un nuovo modo di essere con Te. E’ sperimentare la bellezza, la creatività e l’unicità del Tuo amore, che genera un impetuoso cammino che quotidianamente si rinnova e mi rinnova. Tu mi fai assaporare che il bello non è quello che ho visto, ma quello che vedrò, non è meraviglioso quello che ho fatto, ma quello che farò.
Tu Gesù sei per me ciò che è la primavera per il fiore. Mi fai fiorire, mi realizzi come uomo, rendi possibile il mio divenire. Il calore del tuo amore fa germogliare, nonostante il fangoso terreno della mia vita, il seme che mi abita. Grazie, è bello venire alla luce. Stare con Te è nascere ogni giorno.


Domenica 12 Febbraio 2023
Dal Vangelo secondo Matteo (5, 20-22a.27-28.33-34a.37)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio”. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio.
Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.
Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto. Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno».

COMMENTO
Caro Gesù, che fai? Cerchi lo scontro? Loro Ti rifiutano, fanno fatica ad accettarti e Tu vai duro: “Vi hanno detto …ma io invece vi dico!” – Ma chi Ti credi di essere? Che cerchi? Vuoi abolire Abramo, Mosè e tutti i Profeti?
“No. Sia chiaro che la mia provocazione non è finalizzata ad abolire la legge antica e neanche a contestarla, desidero soltanto completarla. Come chiave di lettura della legge antica, voglio metterci la mia persona. Sono il “nuovo” della legge antica
Voglio far capire che la novità che annuncio consiste nel mettere il cuore nella legge, nel lievitare con l’amore la norma, nell’essere sale che da sapore alle rubriche. Deve essere chiaro che non è l’esteriorità delle azioni, ma il cuore dell’uomo, cercatore di Dio, che definisce l’autenticità della fede. Io sono venuto nel tempo per incontrare e istaurare un rapporto sponsale con l’uomo e non un rapporto per procura come poteva esser quello fatto sotto la legge.
Grazie Gesù, ma come sono esigenti le Tue parole! Tante volte vorremmo non averle ascoltate per dare libero sfogo ai nostri impulsi di una giustizia terra, terra, di un amore che tradisce, di una fraternità molto interessata. «Ma io vi dico», e la Tua parola risuona in noi, scuote la coscienza e obbliga a guardarci dentro, …nel profondo. Vieni in noi e aiutaci a non avere paura di Te, delle tue esigenze d’amore, per essere come Te liberi di amare come ami Tu.


Domenica 5 Febbraio 23
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa.
Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli”.

COMMENTO
Signore, ma quanto mi vuoi bene! Quanto sono importante per Te! Mi chiedi di essere luce di un mondo che Tu hai salvato e sale della terra che Tu hai creato. Perché quest’amore smisurato nei miei riguardi? Che cosa vuoi da me? La risposta è chiara. “Vai a lavorare nella mia vigna. Ho fiducia in te, tu sei importante per Me. Ti amo. Ti chiedo di essere sale, che accetta di disperdersi, di sciogliersi, di scomparire, per dare gusto alla vita dei tuoi compagni di viaggio, senza pretendere consenso stima o gratificazioni. Ti ci chiedo di essere luce che si addentra nelle complesse situazioni di tenebre che vive l’uomo. Sii una luce mite, una luce di misericordia, che non colpisce e non umilia, non ferisce e non abbaglia; una fiamma che indica, pur tremula e fragile, la strada che conduce a Me, dove possono trovare la gioia”.
Perdonami Gesù, perché perdermi nel terreno e consumarmi nelle tenebre, è fatica; sono vittima del consenso, della stima degli uomini, del rispetto umano. Invece di perdere per amore, voglio manifestare la mia forza, la mia consistenza, la stima che godo e mi dimentico di ciò che è decisivo: dare sapore all’esistenza degli uomini, rischiarare le loro strade, i loro percorsi tortuosi, i loro sentieri pieni di buche.


Domenica 29 Gennaio 23
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

COMMENTO
Caro Gesù, questa tua parola che qualifica come beati i poveri, i perseguitati , gli afflitti non è facile capirla ma molto di più è difficile viverla. Proprio ieri parlavo con un giovane e mi diceva con una furiosa presunzione: “La Chiesa ha fatto della religione l’oppio dei popoli, cioè una sostanza che addormenta la gente; non accetto un Dio che, promettendomi un felice al di là, mi prospetta un al di qua di povertà di persecuzione e di afflizioni”.
Lo capisco questo giovane, Gesù, perché ho impiegato una vita per comprendere che le beatitudini sono esattamente il contrario di quello che lui e tanti altri pensano. La fede non è l’oppio dei popoli ma è adrenalina pura per il mondo. E’ l’energia di Dio che spacca la storia. Perché solo chi è ricco di Dio può essere povero, solo chi ha trovato un tesoro vende tutto, diventa povero, non soggiace alle persecuzioni o alle calunnie che incontra nel sentiero della vita, perché l’unico suo desiderio è seguire quella persona , quel tesoro, quell’amore che lo ha sedotto. Non aspetta, rassegnato e paralizzato un regno nell’al di là, ma la compagnia dell’amato lo rende creativo, operoso, rivoluzionario nell’al di quà.
Grazie Gesù,


Domenica 22 Gennaio 23

Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:
«Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano,Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che bitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta». Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».

COMMENTO
Come sempre Gesù, sei meraviglioso. Appena sai che Giovanni Battista è stato arrestato, non ti nascondi, con cerchi coperture o fiancheggiatori, ma ti butti nella mischia. Vai ad abitare “il popolo che vive nelle tenebre” perché Tu sei la luce che brilla nelle tenebre. Sei la luce che grida “convertitevi”, cioè togliete gli occhiali della legge, dell’antica alleanza, dell’osservanza sterile e orientate il vostro sguardo su di Me, io sono l’Amore. Io sono “il regno dei cieli” che si è fatto vicino, prossimo, amore, dono. Tieni gli occhi bene aperti perché è successo qualcosa di grande: Ti sto cercando. Sono la forza dell’amore che non sta ferma, che abita le zolle della tua terra come un seme, un lievito, un fermento. Le tenebre non esistono più, la felicità è possibile, ti è vicina perché il “mio infinito amore cura la tua tristezza infinita.”
Grazie Gesù, aiutami a passare dall’idea di un Dio che chiede, che ordina, che minaccia, all’idea di un Dio, innamorato dell’uomo, che non si stanca, nonostante il mio povero amore, di proporsi ogni giorno per rinnovare il viaggio di nozze con me. Sentirmi amato più che amare è la mia gioia. Grazie.


Domenica 15 Gennaio 23
+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

COMMENTO
Caro Gesù, mi sorprende vedere il “severo inquilino del deserto”, che si nutriva di miele selvatico e di cavallette, venirti incontro. Se mi permetti, è un po’ strano: Aveva mandato i suoi discepoli a indagare se Tu eri ”Colui che doveva venire o ne doveva aspettare un altro”. Annunciava il Tuo arrivo, ma si aspettava una persona forte, rivoluzionaria, coerente con il suo insegnamento e il suo stile di vita. Non era come Te. Era l’opposto di Te. Lui viveva nel deserto, Tu preghi nelle sinagoghe; lui solo, Tu sempre in mezzo alla gente; lui digiunava, Tu frequenti i banchetti. Per questo mi stupisce come Ti presenta: “Ecco un agnello di Dio”. Non un leone, non un drago, non una vipera, ma un agnello. La tenerezza in persona, agnello indifeso. Perché questo cambiamento? Lo spiega lui stesso. “Io non lo conoscevo, ma proprio Colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è Lui che battezza nello Spirito Santo”. Non Ti poteva conoscere perché, come dice lui “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. E’ lo Spirito Santo che gli rivela, come la colomba assicurò il bel tempo a Noè, chi sei Tu: La fine del vecchio e l’inizio del nuovo; sei il tempo bello. Tu sei l’amore di Dio che eri “prima”, che eri “avanti”, follemente innamorato dell’uomo, che lo cercavi dal peccato di Adamo per dichiarargli il tuo amore. Sei Dio che scende nel fiume della storia e la bonifica, sei l’agnello che si fa carico dei peccati dell’uomo, che si mette sulle spalle la mia povertà, la mia schifezza, il mio peccato. Ecco sei l’Agnello che si offre al Padre sulla croce, inizio del nuovo giorno, mentre nella stessa ora, nel tempio, si sacrificavano gli agnelli, fine del tempo antico.


Domenica 08 Gennaio 23
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui.
Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare.
Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».

COMMENTO
Caro Gesù, ti vedo scendere deciso verso il fiume Giordano per essere battezzato e comprendo Giovanni che tenta inutilmente di fermarti. Tu non molli e deciso gli rispondi «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». “ Gesù mi sai dire cos’è questa giustizia”? “Ascolta: sicuramente ricorderai quando ho detto: “Se la vostra giustizia non supererà quella dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli”, la giustizia dei farisei consiste nell’essere fedeli alla legge, alle norme, questa giustizia non basta, occorre superarla. La giustizia del Padre, che io devo adempiere, cioè rivelare, consiste nella sua fedeltà all’alleanza. Ti spiego, Dio ha fatto un patto di amore con l’uomo: “Io sono il tuo Dio tu sei il mio popolo”. La giustizia di Dio è questa fedeltà al patto, è il suo amore, è la sua infinita misericordia, paradossalmente Dio non può non amarmi. Io sono stato inviato per “adempiere la giustizia” cioè a rivelare con la mia vita quest’amore. La mia morte in Croce è la giustizia compiuta”.
Grazie Gesù quelle parole rivolte a Te «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento», in forza del mio battesimo sono rivolte anche a me; mi dicono che anch’io sono l’amato, il prediletto. Grazie perché mi riempie di speranza sapere che l’essere amato non dipende da me ma da te. Il Tuo amore mi precede, a prescindere da ciò che oggi sarò e farò. Tu mi ami senza ma e senza se. La mia gioia, la mia festa, il mio vivere è essere l’amato. Perdonami perché “sono immerso in quest’oceano d’amore e non me ne rendo conto”.


Domenica 06 Gennaio 23
Dal Vangelo secondo Giovanni.

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”». Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

COMMENTO
Caro Gesù, dovresti essere contento, perché, anche se sei nato in una stalla, in una regione sperduta, tra persone che non ti hanno accolto, la Tua fama si è diffusa immediatamente. Personaggi importanti si mettono in cammino. Vengono da lontano, hanno visto una stella. Chi sono? Sono io, Signore, siamo tutti noi che camminiamo per cercare e vivere quella verità che ci portiamo dentro, quella gioia che Tu, venendo nella storia, hai seminato nel nostro essere. La stella del Tuo amore ci precede e rende “malato d’amore” il nostro cuore che, “attraverserà molti mari e fiumi” per trovare la Tua terra dove abitare e riposare.
Succede, purtroppo, anche a noi Signore, quello che accadde ai magi. Forse per curiosità o perché stanchi della solita strada, entriamo nella città. Curiosi cerchiamo, nel potere di Erode e nella sapienza dei sacerdoti, la risposta alla domanda che ci portiamo dentro: “Dov’è colui che è nato?”. Non riceviamo una risposta. Le luci artificiali della città, ci impediscono di vedere la stella. Il fascino delle vetrine distrae il cuore che, non cerca più la verità che lo abita, l’amore che desidera, ma “una felicità che consiste, – come scrive Erich Fromm – “nel guardare le vetrine e comprare tutto quello che può permettersi, in contanti o a rate”.
Delusi dal potere e dal sapere umano, i Magi uscirono e rividero “la stella che li precedeva” che li guidò all’Amore che cercavano. Aiuta anche noi Signore a uscire da questa “società di persone sole, di consumatori bulimici, di spettatori assuefatti, dagli orizzonti corti e frammentati, ” (Alexander Langer) e guidaci a riconoscere in quel bambino avvolto in fasce, l’amore che cercavamo.


Domenica 01 Gennaio 23
Dal Vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.

COMMENTO
Caro Gesù sono tra il vecchio e il nuovo, sono le 23, 30, il mio sguardo si volge indietro e le luci e le ombre di 365 giorni diventano confortevoli parole: “Il tuo passato è nascosto nel cuore di Dio”; oriento il volto al 2023 è la voce mi ripete: “Non temere, del tuo futuro se ne prende cura il SIGNORE”. Grazie Gesù perché, il Natale mi ricorda, che la mia terra, la mia tenda è stata visitata e abitata da Te. Amore di Dio fatto carne. Grazie Gesù che ti sei fatto mio prossimo, perché ho bisogno di un Dio vicino, che riscalda il mio cuore, e risponde alle mie attese profonde. Tu Dio, vieni vicino a me come Figlio, per rendermi figlio, vieni per prenderti cura di me. Questo è meraviglioso e mi riempie di gioia. La tua presenza nel mio tempo, nelle mie povertà, mi dice che sono importante per te. Quando penso che prima che io nascessi, tu mi conoscevi, e ogni giorno il tuo amore mi cerca, mi fa capire che non sono inadeguato, non sono sbagliato; sono il tuo amato, il prediletto. Grazie. Grazie Gesù perché il tuo amore mi libera, la tenerezza con cui ti adatti alla mia “ mangiatoia” rende evidente che sei la “spiga nuova” che da vita alla mia povera paglia, sei la rivoluzione del nascondimento e della piccolezza. Sei, nel tuo scomparire, la forza dirompente del Natale, del mio Natale. Grazie.


Domenica 25 Dicembre 22
+ Dal Vangelo secondo Giovanni.

“In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.

COMMENTO
Auguri amico carissimo: “Fare Natale è fare come Gesù, venuto per noi bisognosi, e scendere verso chi ha bisogno di noi. È fare come Maria: fidarsi, docili a Dio, anche senza capire cosa Egli farà. Fare Natale è fare come Giuseppe: alzarsi per realizzare ciò che Dio vuole, anche se non è secondo i nostri piani”. Auguri amico, tu farai un buon Natale se, come Giuseppe, darai spazio al silenzio; se, come Maria, dirai “eccomi” a Dio; se, come Gesù, sarai vicino a chi è solo; se, come i pastori, uscirai dai tuoi recinti per stare con Gesù. Sarà Natale, se troverai la luce nella povera grotta di Betlemme.
Non sarà Natale se cercherai i bagliori luccicanti del mondo, se ti riempierai di regali, pranzi e cene ma non aiuterai almeno un povero, che assomiglia a Dio, perché a Natale Dio è venuto povero.


Domenica 18 Dicembre 22

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa “Dio con noi”. Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

COMMENTO
Caro Gesù puoi essere fiero del tuo papà. Per anni l’hanno rappresentato come un vecchietto, rassegnato a un ruolo marginale, quasi di badante, della tua mamma. Invece è un giovane “ reazionario e originale”, innamoratissimo della tua mamma Maria. Perché l’ama di un amore vero, pensò i ripudiarla in segreto, per salvarla dal rischio della lapidazione. Quando, però, in sogno gli vien detto: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti, il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo”, abbandonò il pensiero di ripudiarla in segreto, la prende con sé. Il suo io si arrende a Dio. Giuseppe obbedisce non come servo, ma come uomo innamorato di Dio. È un uomo libero e reazionario, diremo un fuori legge, perché sceglie l’amore prima dell’antica legge, la persona prima delle regole, l’amore prima degli amori, Dio prima dell’uomo. Il silenzio alle parole. Il nascondimento all’apparire.
Signore, ogni giorno è davanti a me, nelle difficoltà che incontro, nelle persone che non capisco, nelle debolezze che vivo, la tua parola “ è opera di Dio non temere”. Tu lo sai che non mi è facile accogliere sempre questa “tua misteriosa opera”, allora ti chiedo dammi, l’umiltà di lasciarmi fare, il silenzio per ascoltarti, il nascondimento per vederti.


Domenica 11 Dicembre 22
Dal Vangelo secondo Matteo.

In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”. In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».

COMMENTO
Caro Gesù non so se Ti aspettavi che Giovanni Battista, chiamato a prepararti la strada, che Tu consideravi “più che un profeta, il più grande tra i nati di donna”, avesse dei bubi nei tuoi riguardi e ti inviasse dei messaggeri a chiederti: “sei Tu quello che deve venire o ne dobbiamo aspettare un altro”. L’uomo che abita il deserto, che veste con pelli di cammello, che mangia quello che trova, si sente spiazzato da Te, Gesù, che vai con i poveri, con i malati, guarisci ciechi e storpi e non disdegni qualche pranzetto di lavoro. Io, caro Gesù lo capisco il dubbio del Precursore, lui era la voce che preparava la via, Tu che vieni sei la via, lui invitava a cambiare vita, Tu sei la vita, Giovanni preparava la forma Tu la riempie. Dal peccato di Adamo si preparava, si scolpiva lo stampo dell’uomo nuovo, Giovanni è l’ultimo artigiano della forma, Tu ti ci “coli” dentro, la forma diventa vita. Lo sposo si unisce alla sposa. Nasce l’uomo nuovo.
Signore, aiutami perché mi sento molto simile a Giovanni, mi faccio di te un’idea a mio uso e consumo che m’impedisce di gustare la Tua reale presenza. Mi ritagliano una fede “fai di te” e ti riduco a schiavo dei miei desideri e delle mie convinzioni. Ti trasformo a un falso idolo; un rifugio psicologico in cui sono assicurato nei momenti difficili. Il Natale è vicino, perdonami, vieni Signore Gesù.


Domenica 4 Dicembre 22
Dal Vangelo secondo Luca.

In quei giorni, venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaìa quando disse: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!».

COMMENTO
Oggi Gesù sei diretto: «Convertiti, perché il regno dei cieli è vicino!». È una vita che ascolto questo invito e continuo a ripetermi: “Devo cambiare, non posso continuare così… La mia vita, per questa strada, non darà frutto, sarà una vita inutile e io non sarò felice”. Ogni sera, alla fine della giornata, nell’implacabile esame di coscienza, mi accorgo che sono da anni sullo stesso tornante, con le gomme a terra e il cuore in frantumi. Nel battermi il petto m’illudo di aver, con i miei “sermoni”, convertito qualcuno, e mi vergogno perche non riesco a convertire me stesso. Grazie, Gesù. Continua a ripetermi convertiti, ma nello stesso momento fammi percepire la tenerezza del tuo amore che mi ripete: “Non temere, io sono venuto per te che sei peccatore e non per i giusti. Vieni, io da sempre sono il “pellegrino innamorato dell’uomo” che, dal “no” di Adamo, ho camminato molto per trovarti e sono venuto a piantare la tenda vicino a te. Lasciati fare da me. Io ti cambierò il cuore, io ti rimuoverò la vita, io ti farò felice”. Signore aiutami a convertirmi, cioè a convergere verso di te, che mi vieni incontro per riconfermare la tua follia di amore per me. Io preparo il terreno, spiano colline e ricopro le valli, tu pianta la tenda.


Domenica 27 Novembre 22
Dal Vangelo secondo Luca.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

COMMENTO
Signore sei meraviglioso, inizia l’avvento; vieni ancora, non ti stanchi mai, irrompi nella mia vita, nella mia piccola storia, nella mia esistenza personale. Mi chiedi di vegliare. Mi chiedi di vivere la consapevolezza che il significato della mia vita sta in Te che stai venendo. Mi chiedi di farmi trovare desto non solo in questo tempo, ma in ogni momento perché Tu sei l’energia che rende possibile il mio vivere. Sei l’amore che cerca il mio cuore per far sbocciare la vita. “Svegliati, – mi ripeti – perché è tempo di levarti dal sonno, è tempo dell’amore; solo se mi aspetti perché ami, navigherai nel mio Amore che viene a cercarti”. Perdonami, Gesù, perché tante volte ho pensato e forse preteso, di essere io a cercarti, invece sei tu che vieni verso di me e mi consenti di diventare ciò che ancora non sono. Ti dico con Sant’Agostino: “Insegnami a cercarti, e mostrati quando ti cerco. Non posso cercarti se tu non mi insegni, né trovarti se non ti mostri. Che io ti cerchi desiderandoti e ti desideri cercandoti, che io ti trovi amandoti e ti ami trovandoti”. Caro Gesù permettimi che mi rivolga a Maria, la tua mamma. Lei, donna dell’avvento, ha fatto della sua vita, incinta di Dio, gravida di luce una continua attesa del parto che si manifesterà sulla croce. A lei chiedo, all’inizio di questo cammino di avvento, di accompagnarmi con la lampada accesa fino all’osanna di Betlemme. Dove potrò capire che “attendere è infinito del verbo amare”.


Domenica 20 Novembre 22
Dal Vangelo secondo Luca.

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso. Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso». Parola del Signore

COMMENTO
Gesù oggi faccio tifo per Te. Sei un “RE” strano ma mi piace. Non hai il consenso della gente: “Stava a guardare”; non hai l’appoggio dei poteri forti: “I capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso”; anche l’esercito ti aveva isolato: “ I soldati lo deridevano”. Persino i condannati ti offendevano: “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!”. Io sono con Te Gesù, perché, pur non avendo dalla tua parte i mass media, le lobby del potere e l’esercito, affermi davanti a Pilato con fierezza: “Io sono re”. Mi affascina la Tua determinazione, il Tuo coraggio, la Tua suprema libertà. Non cerchi di “aggiustare le cose”, non tenti un compromesso. Non nasconde la Tua identità, non camuffi le Tue intenzioni e non approfitti di uno spiraglio di salvezza che Pilato lasciava aperto. No, non sfrutti l’opportunità, ma con il coraggio della verità rispondi: “Io sono re”. Grande Re. Caro Gesù, tifo per te, perché sei venuto senza doppiezze, per proclamare, con la vita, che il Tuo Regno è diverso da quelli del mondo, che Tu non regni per aumentare il Tuo potere e schiacciare gli altri; non regni con gli eserciti e con la forza. Il Tuo è il Regno dell’amore: “Io sono re”, ma di questo regno dell’amore; “Io sono re” del regno di chi dona la propria vita per la salvezza degli altri. Aiutami Gesù ad andare contro corrente, “ma – come dice il papa Francesco – non contro qualcuno come fanno i vittimisti e i complottisti, che caricano la colpa sempre sugli altri” ma contro la corrente malsana del mio io egoista, chiuso e rigido, che tante volte cerca delle cordate di comodo, per sopravvivere. Grazie mio Re.


Domenica 13 Novembre 22
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».

COMMENTO
Signore Gesù il Vangelo dice che alcune persone con il naso all’insù contemplavano le belle pietre e i tesori del tempio; questo rito si ripete anche oggi. Guardiamo la Chiesa dal di fuori, ammiriamo l’architettura, le pietre, i tesori, ma restiamo fuori. Per molti la Chieda è un monumento, un reperto storico e le persone che vi abitano gente rassegnata in attesa della morte.
La Chiesa si vive non si guarda, si ama non si parla; è dentro non fuori. Purtroppo Gesù, ci dimentichiamo che la chiesa la costruisci Tu che ci con-chiami a collaborare con Te. La Chiesa è la Tua misericordia che vive tra di noi, è la Tua pazienza che cerca di costruire con noi la casa dell’amore nel deserto dell’oggi.
Grazie Gesù per questa Chiesa che solca il mare di questo globo per asciugarne il pianto e sostenerlo nel parto di un mondo nuovo.
Grazie Gesù, dammi la gioia di amare questa chiesa, anche se criticata e giudicata, derisa e beffeggiata come Te, ma è la mia mamna, forse con alcune rughe, ma ogni giorno mi dona il pane per vivere, il perdono per rialzarmi, la parola per camminare. Grazie Gesù.


Domenica 6 Novembre 22
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

COMMENTO
Caro Gesù questi sadducei, che non credono nella resurrezione, cercano di metterti in ridicolo ponendoti una domanda trabocchetto: “Una donna ha avuto sette mariti in vita, quando morirà di quale uomo sarà moglie?” Mi sembra di vederti, Gesù, con il volto paternamente severo mentre rispondi: I figli di questo mondo prendono moglie prendono marito, ma i figli del Dio vivente sono generati dall’Amore. Non prendono né moglie ne marito, si accolgono come dono del Dio dell’amore, del Dio dei viventi. Signore, aiutami a capire che tutta la mia vita è un dono del tuo amore. Si diventa moglie o marito non per il fascino o per particolari doti, ma perché tu chiami all’amore. L’uomo e la donna non si prendono si accolgono. Accolgono Te Amore. Il paradiso altro non è che arrivare e tuffarsi in quest’Amore infinito. Mi raccontava una saggia nonnina: “Tutti conosciamo la meraviglia della prima volta, quando abbiamo scoperto, gustato, amato, qualcosa o qualcuno, ma poi con il tempo ci si abitua; invece – continua la nonnina- sai cos’è il paradiso?: E’ non abituarsi, è il miracolo della prima volta che si ripete sempre.” Grazie Gesù.


Domenica 30 Ottobre 22
La riflessione sulla liturgia di oggi è nel video


Domenica 23 Ottobre 22
Dal Vangelo secondo Luca Lc 18,9-14
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

COMMENTO
Caro Gesù, grazie la tua parola di oggi mi scava dentro, mi taglia, mi disossa. Mi pone davanti al grasso della mia presunzione e del mio egoismo. Si Signore come il fariseo spesso rivendico il ruolo, ti chiedo l’approvazione, la gratificazione per il mio fare, il mio pregare, il mio lavorare, il mio essere prete. Sbaglio tutto, faccio mio quello che è tuo. E’ la mia “intima presunzione” di essere giusto e di conseguenza, come il fariseo, disprezzo gli altri. Questa è la cosa più grave. Giustifico, come il fariseo, le mie miserie con le povertà degli altri. E’ folle praticamente senza volerlo, prego Dio che e lo ringrazio perché gli altri fanno schifo. Pazzesco presento a Dio la schifezza degli altri per giustificare le mie povertà. Il ruolo, la tonaca, il colletto usati per la propria auto edificazione.
Grazie Signore, questa tua parola m’insegna che l’unico atteggiamento che ha senso davanti a Te è quello del pubblicano che a distanza ti supplica “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Donami la grazia di comprendere che si prega non per ricevere ma per essere trasformati. Per diventare amore. Aiutami a essere come il pubblicano che: batte le mani sul cuore e ne fa uscire parole di supplica verso il Dio del cielo (R. Virgili).


Domenica 16 Ottobre 22
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

COMMENTO
Caro Gesù spesso ritorni a invitarci a pregare sempre senza stancarci mai? Devo riconoscere che spesso mi stanco a recitare salmi e rosari, Mi puoi insegnare come devo fare per non stancarmi?
“Vedi non hai capito niente! Se ti stanchi, vuol dire che non mi ami, devi crescere nell’amore. Devi imparare ad amare. Nel silenzio, con il tempo e nell’ascolto s’impara l’amore. Due innamorati, anche se sono lontani si pensano, si cercano. C’è sempre tempo per volersi bene; se ami qualcuno, lo ami sempre, qualsiasi cosa tu stia facendo. Sant’Agostino afferma: «Il desiderio prega sempre, anche se la lingua tace. Se tu desideri sempre, tu preghi sempre». Quando uno ha Dio dentro, non occorre che stia sempre a pensarci. La donna incinta, anche se il pensiero non va in continuazione al bimbo che vive in lei, lo ama sempre, e diventa sempre più madre, a ogni battito del cuore. Ricordalo sempre, il tempo che tu mi dai per ascoltarmi, è scuola d’amore: è preghiera. E’ vero che ho detto “chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto”, ma ho anche detto “voi non sapete neanche cosa chiedere”. Nella preghiera, quindi, io non ti do quello che chiedi, ma quello che ti serve, io “esaudisco non le tue richieste, ma le mie promesse”.
Grazie Gesù, dammi allora il tempo per crescere nell’amore, e quando nella preghiera mi distraggo, non ti presto adeguata attenzione o non sono costante, scuotimi come hai fatto con i discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni che dormivano nell’Orto degli Ulivi.


Domenica 9 Ottobre 22
Dal Vangelo secondo Luca

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!»

COMMENTO
Caro Gesù meditando la tua parola mi sono accorto di essere un “lebbroso guarito” che Tu chiami a passare a lebbroso salvato. Tra i dieci lebbrosi che ti chiamavano, urlavano perché volevano essere guariti, ci sono anch’io. Tu ci vedi, ci ascolti. Non ci guarisci. Comandi: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». Ubbidiamo e mentre andiamo siamo guariti. Camminando ci si guarisce. Lungo il cammino, un passo dopo l’altro, la vita fiorisce, le ferite si risanano. Accade sempre così, la strada si fa mentre si cammina, il seme germoglia dopo che l’hai gettato. Il figlio si abbraccia dopo che è nato. Tuttavia non basta. Dei dieci lebbrosi guariti solo uno, Gesù, ti viene a ringraziare. Esprimi con delicatezza il tuo disappunto: “Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono?” Poi aggiungi: «Alzati e va; la tua fede ti ha salvato!». I primi sono stati guariti, il secondo salvato. Dove sta la differenza? Il lebbroso che ritorna a ringraziare non si accontenta del dono ricevuto, cerca il donatore; non si è appagato di essere amato, vuole donarsi. Sceglie di fare della persona che l’ha guarito, l’amore della sua vita. Diventa dono. “La guarigione chiude le piaghe, la salvezza apre la sorgente, entri in Dio e Dio entra in te, come pienezza”. Diventi, come Tu Gesù dicevi alla Samaritana: sorgente di acqua viva. Signore adesso tutto è chiaro. Nel dirti grazie per la vita “guarita”, dal tuo amore, mi chiedi di diventare amore, di perdermi nel tuo amore, di consegnarmi a te. Aiutami a capire che quando tutto avrò perso per amore, sono salvato.


Domenica 2 Ottobre 22
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe. Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

COMMENTO
Caro Gesù, una cosa è certa: La mia fede è corta. Ogni giorno ti chiedo di accrescerla, ma nessuna pianta si è spostata al mio volere!!!… Di una cosa con il tempo mio sono reso conto: La fede non è un “pacco-dono” che arriva da fuori, ma è la mia risposta ai doni che Tu mi fai. Credere è il mio sì al Tuo corteggiamento amoroso. La fede è l’Amore su cui ho investito vita. La consapevolezza di questo investimento non può finire. Non è un atteggiamento di un momento ma è un processo che vive e cresce dentro di me, che con il tempo da valore a tutte le cose. Questa dipendenza amorosa mi fa capire l’espressione: “Sono un servo inutile”. “Servo inutile” significa: servo che non cerca il proprio utile, senza pretese, senza rivendicazioni. Inutile perché la forza che fa germogliare il seme non viene dalle mani del seminatore ma dalla forza della Parola. “ Noi siamo flauti, ma il soffio è Tuo Signore”.Grazie Signore: Servo ma libero, figlio e non schiavo.


Domenica 25 Settembre 22
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”

COMMENTO
Caro Gesù, questa parola per anni mi è sembrata una parola lontana dalla mia vita, quasi non mi interessasse. Non sono il “ricco sbruffone” e non ho trovato nessun Lazzaro che mi supplicasse per chiedermi da mangiare.
Questo è stato ed è il peccato della mia vita. Non avere occhi per vedere chi è povero e ha bisogno di me. Il povero non è solo chi chiede un pezzo di pane, ma chiunque mi sta a fianco. Tutti hanno bisogno del mio sorriso , del mio bicchier d’acqua, della mia visita.
Signore ti prego, farmi capire che il primo miracolo di cui ho bisogno è accorgermi che l’altro esiste. Asservito ad una cultura dell’efficienza, del fare e del profitto mi ritrovo chiuso, imbalsamato, asfaltato nel e dal mio io.
Leggendo questa parola mi sono reso conto che il vero impedimento per vivere gioiosamente la fede, è il mio narcisismo, l’essere ripiegato su me stesso. Questa idolatria del mio io mi acceca. Non rifiuto gli altri, semplicemente non li vedo,.
Aiutami Signore ad aprire gli occhi per capire che tu mi chiedi con questa parola, non di dare o non dare un pezzo di pane, ma di dare la vita, di dare tempo, ascolto a chiunque mi sta vicino.
Grazie Signore.


Domenica 18 Settembre 22
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: “Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.

COMMENTO
Caro Gesù questa parola è strana. Un padrone che loda l’amministratore disonesto mi sembra in contraddizione con tutto quello che tu mi hai insegnato. Perché lo loda? Non lo loda per la sua disonestà, ma perché si è posta la domanda «che cosa farò, ora?» Messo davanti alla realtà della sua vita, a fare il bilancio della sua esistenza, non si arrende, non fugge, non piange, non implora pietà, ma, cerca e trova una soluzione al problema: “So io cosa farò”. Io, Signore, davanti a questa tua parola: “Che cosa farò ora” mi rendo conto di essere un amministratore disonesto, e devo trovare soluzioni. Sono un funzionario sleale perché gestisco la vita, la salute, i talenti, l’intelligenza, la casa, gli amici, l’amore, tutte cose che appartengono a te e tu mi hai dato, come proprietà privata, come roba mia. Non sono il custode attento, l’amministratore responsabile che gestisce i beni di un altro per conservarli e farli fruttificare, “perché nulla vada perduto”. Sto rubando. Il padrone ultimo sei tu e non il mio “io”. Che cosa devo fare? Papa Francesco afferma, commentando questa parola: “Di fronte alle nostre mancanze, ai nostri fallimenti, Gesù ci assicura che siamo sempre in tempo per sanare con il bene il male compiuto. Chi ha causato lacrime, renda felice qualcuno; chi ha sottratto indebitamente, doni a chi è nel bisogno. Facendo così, saremo lodati dal Signore “perché abbiamo agito con scaltrezza”, cioè con la saggezza di chi si riconosce figlio di Dio e mette in gioco sé stesso per il Regno dei cieli”. Grazie Gesù, aiutami!


Domenica 11 Settembre 22
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

COMMENTO
Gesù, questa parola mi riempie di gioia. Tu lasci le novantanove pecore nel deserto per me. Io sono prezioso, speciale per te, valgo più di tutto il gregge. Ti appartengo, sono unico e non ti rassegni a vedermi lontano. Non un numero ma un amore. Non folla ma persona. Cercarmi e trovarmi sono la tua gioia, la tua festa. Prima che io nascessi tu, mi conoscevi e ora non ti rassegni a perdermi. E’ meraviglioso Signore. Mi hanno sempre detto, che devo essere io a cercarti, che non è facile trovarti, che è quasi impossibile incontrarti. Quasi mai mi hanno detto che sei tu che mi cerchi. Tu, Gesù, sei follemente innamorato di me, sei l’amore che cerca aspetta, bussa e non hai pace finché non mi hai trovato. E’ meraviglioso questo! Signore, tu lo sai, è una vita che mi porti sulle spalle, ed è una vita che io cerco di scappare. Come il bambino che quando si stanca di stare in braccio alla mamma vuole camminare e quando è stanco di camminare chiede di essere ripreso in braccio. Aiutami Signore a lasciarmi portare in braccio da te, a fidarmi di te. Quando capricciosamente voglio camminare da solo e inciampo e cado nella mia presunzione tu dammi una sculacciata e riprendimi in braccio. GRAZIE


Domenica 4 Settembre 22
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.

COMMENTO
Caro Gesù mi sembra che pretendi troppo. Non puoi esigere che ti ami più di mio padre e di mia madre. Il mio amore per loro è totale. E’ tutto quello che posso donare. Non credo che tu ti voglia mettere in concorrenza con loro. Che mi dici?
“So che queste parole ti mettono paura, ma vorrei farti capire che tu non puoi amare i tuoi genitori, i tuoi cari, se prima non percepisci e sperimenti il mio amore. La frase “chi ama il padre e la madre più di me non è degno di me“, non sta a indicare l’intensità dell’amore, ma la priorità dell’amore. Desidero farti capire che non devi mettere l’amore ai genitori prima del mio. Io sono tutto. Io sono l’amore che da vita. E’ vero che i genitori ti hanno dato la vita, ma io sono “ la vita”. Io vivo nell’amore dei tuoi genitori. Amarli fuori del mio amore è non amarli. Come dire: “Io amo il fiore ma non amo il sole che lo fa nascere”. Parafrasando la mia frase direi: “Non è degno di Me, che dono la vita al fiore, chi ama il fiore più di Me”.
Caro Gesù grazie. Tu non sei geloso delle tue creature, e non ti metti in concorrenza con loro. Ti prego, quando il sole del tuo amore si oscura e il fascino dell’amore creato mi disorienta, tu continua a cercarmi, e quando triste, penso di aver sperperato inutilmente i miei talenti, tu continua ad amarmi, perché come dice papa Francesco: “Non solo sei un padre, sei una madre che non smette mai di amare la sua creatura”.


Domenica 28 Agosto 22
Dal Vangelo secondo Luca
Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

COMMENTO
Come spesso Ti accadeva, Gesù, non solo accettavi gli inviti a cena, a volte Ti autoinvitavi, e sorprendevi tutti quando eri Tu a preparare la cena. Partecipavi senza badare molto alle persone che T’invitavano: una volta era un fariseo, altre volte un pubblicano come Zaccheo o Matteo, o le Tue amiche Marta e Maria. Eri tanto assiduo a queste cene, che a un certo momento si mormorerà di Te: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro» (Lc 15,2) Ho notato, con meraviglia però, che quando vai a cena, mandi in crisi chi Ti ospita. Quando Ti sei autoinvitato da Zaccheo, lo hai sconvolto e si è confessato: “ Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto”. Quando invece Ti hanno invitato, hai reso indigesta la cena a tutti. Prima osservi e poi: “Va a metterti all’ultimo posto”. Che botta! Tu non volevi umiliare o mortificare gli invitati, ma dare un’indicazione precisa del vero “posto” dell’uomo. Essere “ultimo” è il vero posto dell’uomo. E’ il paradosso che Tu ci hai insegnato: “Sono venuto per servire e non per essere servito”. Purtroppo Signore l’ansia del primo posto ci pervade. Vivere è apparire. La visibilità logora e angoscia. Vedi Gesù, anche quando Tu hai preparato il banchetto, ai discepoli, che con lodevole sapienza umana, Ti consigliavano di congedare la folla, li hai fulminati: «Voi stessi date loro da mangiare». Signore aiutami a capire che nel “banchetto dell’esistenza” la lotta per avere un posto, o l’ ansia di perderlo, è pura follia. Solo quando comprendo che sei Tu a darmi il posto, finisce l’angoscia. Ogni posto che Tu mi assegni, è il primo e il più adatto per me. Non un concorso, ma l’amore determina il posto.


Domenica 21 Agosto 22
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

COMMENTO
Signore questa porta stretta stride con l’idea che ho di Te di un Padre che ama. Se mi ami perché la porta per arrivare a Te è stretta? Questo ingesso angusto e pericoloso, mi fa pensare che amarti sia una cosa difficile, che Tu goda della mia sofferenza, che non sei un padre che aspetta il figlio con le braccia aperte, ma un vigilante della sicurezza, che sbarra le porte ai non accreditati. Il significato della porta stretta lo capii mentre mi arrampicavo sulla direttissima del Gran Sasso. Un passaggio stretto e pericoloso era davanti ai miei occhi. Se volevo arrivare alla cima dovevo passare; non c’entravo con lo zaino, dovetti liberami dallo zaino, lo legai ad una corda prima passai io e poi mi tirai dietro la zaino. Quel passaggio stretto non mi impediva di salire, metteva alla prova il mio desiderio di arrivare in cima. La porta stretta non è “fatica senza senso” ma lo sforzo dell’amato che cerca di congiungersi allo sposo, è la prova dell’amore. Quell’amore che ti spoglia, che ti toglie il superfluo che ti fa piccolo, bisognoso, questuante di amore. Solo che ama si spoglia di tutto per passare. La porta diventa stretta per chi non ama, si dilata per chi ama.
Purtroppo Signore anche io a volte sono tra quelli che pretendono di entrare perché “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza”. Perdonami e ripetimi “non so di dove siete” quando divento prete di mestiere, quando la predica non diventa vita, quando profumo più di incenso di sacrestia che di odore di pecore, quando come i farisei, uso l’abito per nascondermi. Rendimi umile e capace di passare attraverso la porta stretta. Solo chi si fa piccolo perché assetato di amore, riesce in questo passaggio.


Domenica 14 Agosto 22
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».

COMMENTO
Caro Gesù, questa frase: “Sono venuto a gettare fuoco sulla terra”, unita all’altra: “Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione” mi hanno fatto sempre problema. Ci sono voluti anni per capirla. Mi hanno insegnato un cristianesimo tranquillo, rassegnato, un cristianesimo senza passioni, come certe culture orientali che tendono ad annientare le passioni; poi ho scoperto che il cristianesimo è invece “esplosione delle passioni”. Ti ho incontrato, Gesù, con la frusta in mano che scacciavi i mercanti dal tempio, ho tifato per te quando hai trattato da razza di vipere i farisei, mi sei piaciuto quando con dignità e a muso duro hai risposto a chi ti picchiava arbitrariamente, ti ho applaudito quando ironicamente hai azzittito Pilato: “ Tu non hai nessun potere”. Questa è la tua guerra. Tu non sei il pacifista da salotto, che “ chiacchiera” sulla pace, tu sei la guerra-pace, sei la lotta quotidiana dell’adolescente che vuole diventare adulto, il tenace e travagliato combattimento dell’uomo per passare dalla schiavitù dell’io alla libertà del dono, dalla vergogna degli amori screpolati, alla festa dell’amore senza fine. Proprio perché la pace-guerra che tu hai portato, non è mediocrità, diplomazia, equilibrio tra bene e male ma dono: chi perdona, chi non si attacca al denaro, chi non vuole dominare ma servire, chi non vuole vendicarsi, dichiara guerra, genera inevitabilmente divisione, urto con chi pensa a dominare, a vendicarsi, a calpestare gli altri per avere il suo potere. Aiutami Signore a fare della mia vita una fucina di pace con il fuoco del Tuo amore.


Domenica 7 Agosto 22
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!
Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

COMMENTO
Più di uno mi ha fatto notare che ieri, domenica, non avevo pubblicato la riflessione sul Vangelo, è vero, ma come anticipavo nel video di Sabato, eccomi a condividere la riflessione dopo aver celebrato il pellegrinaggio Teramo San Gabriele. Credo che Il Vangelo di Domenica non poteva essere capito e gustato se non in un cammino notturno di trenta chilometri. Nella notte, nel silenzio, nella fatica si diventa credenti. Si passa dal servire all’amare. Si comprende ciò che è essenziale nella vita. Paradossalmente si comprende che non è il servo che deve attendere il padrone, ma il padrone che attende il servo che ritorna. L’attesa dell’alba è l’attesa dell’amore che riempie la vita; non la paura di un giudizio di condanna, ma il timore-amore di non sentirsi degli dell’abbraccio dell’amato. Camminare di notte ridimensiona il corpo e illumina il cuore. Per il cuore che ama più è lunga notte, più aumenta il pericolo più si è desti. Chi ama non dorme. Chi ama cammina. E se l’Amato ritarda, si intensifica l’attesa.
Signore pur facendo da 42 anni questo pellegrinaggio mi rendo conto che ancora tanta zavorra è dentro il mio zaino che appesantisce il cammino, liberami da ciò che non serve all’incontro con te, spogliami del mio io e rivestimi del tuo amore. Grazie.


Domenica 31 Luglio 22
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

COMMENTO
Gesù ti vogliono incastrare. Tentano di elevarti a giudice delle cose, della roba, delle eredità. Rispondi duro: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». Tu non vuoi essere il giudice delle eredità, della roba, delle cose. T’interessi all’uomo; e l’amore, non l’avere, è il criterio di giudizio. Infatti, aggiungi: “La vita dell’uomo non dipende da ciò che possiede”. E’ vero Gesù, ho toccato con mano tante volte che, le cose, l’avere, non fanno parte della sostanza dell’uomo, e quando una persona fa dipendere la sua vita dalle cose, molto spesso fa una brutta fine. Tu lo sai, Gesù, quante volte ti ho chiesto: “Voglio una vita piena, felice”? Tu sempre mi hai risposto: “Non cercarla al mercato delle cose: le cose promettono ciò che non possono mantenere”. A me, come al costruttore e demolitore dei “centri commerciali del grano” ripeti: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?” Gesù tu lo sai quante volte ho sperimentato che le cose finiscono, hanno un fondo e il fondo delle cose è amaro, screpolato, vuoto. Ho sperimentato che di solo pane, di solo benessere, di sole cose, l’uomo muore. Aiutami a comprendere che la mia vita non dipende da ciò che possiedo, da ciò che ho, ma da ciò che dono. La vita vive di vita donata. Io sono ricco solo di ciò che ho dato via.


Domenica 24 Luglio 22
Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: “Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione”».

COMMENTO
Caro Gesù mi fanno tenerezza i tuoi discepoli che vedendoti immerso nella preghiera ti chiedono “ Signore insegnaci a pregare”. Mi fanno tenerezza perché anch’io dopo tanti anni che “penso di pregare”, e propongo scuole di preghiera, mi rendo conto che navigo affannosamente in un mare sconfinato e misterioso. La vita mi ha insegnato che la vera preghiera non è quando Dio sta ad ascoltare ciò che io gli domando; ma quando continuo a pregare fino a che sia io colui che lo ascolta: che ascolto ciò che Dio vuole. Il cammino è lungo. Dio, ordinariamente, non mi da quello che gli chiedo ma quello che mi serve. E’ vero Gesù “Nemmeno so che cosa sia conveniente domandare” (Rm 8,26) Con gli anni ho capito che l’umiltà è il fondamento della preghiera, è la disposizione necessaria per ricevere gratuitamente il dono della preghiera: l’uomo è un mendicante di Dio. Signore liberami dalla tentazione di cercarti fuori di me e dammi la certezza che ti troverò se ti cerco dentro di me. Signore non ti chiedo di insegnarmi a pregare, ma di rendermi preghiera. Rendimi silenzio che ascolta. Perché Tu parli anche quando taci perché ami. Il silenzio è il linguaggio dell’amore. Rendimi preghiera che attende perché ama, e che ama anche quando ti nascondi e taci per amore. Rendimi preghiera che accetta la tua correzione, che non recalcitra davanti ad essa, ma che l’accetta come benedizione. Grazie.


Domenica 17 Luglio 22
“In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta». Lc 10,38-42
COMMENTO
Caro Gesù, t’immagino stanco e sudato mentre “in cammino” ti avvicini a Gerusalemme. Ammiro quella donna che ti ospita a casa sua, che ti accoglie con gioia e ti prepara un ristoro. Tuttavia faccio fatica a comprendere le tue parole: “Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno”. Dimmi Gesù, di che cosa c’è bisogno? “Non sono le “cose che fai” il metodo giusto per incontrarmi. Non basta preparare la mensa. Posso essere tuo inquilino, abitare la tua casa, ma non essere una cosa sola con te. Vedi lo sbaglio che fa Marta, è che si agita per darmi qualcosa, e non comprende che da me può solo ricevere. Non deve preoccuparsi di me, ma occuparsi di me. L’infelice espressione che mi rivolge: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille, dunque, che mi aiuti». Rivela che cerca il consenso e l’approvazione per quello che fa, e giudica sua sorella. L’arroganza del fare genera solitudine e rabbia.
Maria invece ha capito che io ho tanto da dare, seduta ai miei piedi, ascolta. Ascoltare non è udire, ma dare un senso e valore alle cose che tu stai facendo. Maria accovacciata ai miei piedi ti insegna che la gioia vera non sta nel fare, ma nel lasciarsi fare.
Signore aiutami a recuperare l’umiltà di ascoltare. Liberami dalla tentazione dei facili e immediati risultati, dalla lusinga del consenso degli uomini. Donami la grazia di contemplare (ascolto attento) e conformarmi al Crocefisso che non si è adeguato e asservito alla mentalità del consenso e del successo, ma, solo e fallito, dalla croce m’insegna qual è “la parte migliore”.


Domenica 10 Luglio 22
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

COMMENTO

Mio caro Gesù, il problema è sempre lo stesso: è più facile obbedire alla legge che vivere l’amore, è più comodo essere schiavi che amare. Il racconto del buon samaritano, è la tua risposta alla domanda del dottore della legge: “chi è il mio prossimo” . Non è un rimprovero al sacerdote e al levita per non essersi fermati , ma dice qualcosa di più profondo. Il sacerdote e il levita non potevano fermarsi perché secondo le rubriche non potevano taccare il sangue perché si sarebbero contaminati. Vanno oltre per non peccare, la legge per loro conta più della persona. Erano schiavi della norma. Tu invece Gesù non passi oltre. Ti fermi per incontrare l’uomo, la persona, i malati. Per te Gesù la persona conta più dei suoi peccati, l’uomo concreto più della sua storia. Tu con la tua vita mi insegni che l’amore è la terapia per guarire l’uomo. È vero Gesù, la legge non è cattiva, la legge è la diagnosi, la ricetta, ma l’amore è la cura che guarisce.
Signore anche io spesso continuo a passare oltre quando mi accontento di fare quello che devo e non quello che l’amore mi chiede, quando il fare ha più importanza dell’amare, quando i miei affari non mi rendono misericordioso con le persone che incontro. Aiutami Gesù a non accontentarmi di accomunare ricette ma a vivere l’amore che guarisce.


Domenica 3 Luglio 22
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi quelli che vi lavorano! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi chi lavori nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».

COMMENTO
E’ vero Gesù. Riflettendo sulla tua parola devo ringraziarti. Tu sei Amore. L’amore non è qualcosa che si trova, l’amore è qualcosa che ti trova. Tu mi hai trovato e chiamato: grazie. Tu Signore non chiami solo i sacerdoti, interpelli tutti. Continui a cercare l’uomo di oggi, come cercavi l’uomo di ieri, e lo mandi dove tu stai per arrivare, dove tu vuoi accadere. Lo invii nel terreno della famiglia, nel deserto della società. Lo mandi a dissodare il terreno arido del quotidiano, con la testimonianza dell’amore. Poi, Tu che “sei vicino”e non lontano, come molti pensano, semini al tempo opportuno, la tua parola.
Tu sei stato chiaro: “Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi”, Non è, caro Gesù, una prospettiva allettante, sembra che mi mandi al macello; San Giovanni Crisostomo afferma: “Finché saremo agnelli, vinceremo e, anche se saremo circondati da numerosi lupi, riusciremo a superarli. Ma se diventeremo lupi, saremo sconfitti, perché saremo privi dell’aiuto del pastore. Egli non pasce lupi, ma agnelli”.
Signore, se volevi, mi potevi mandare in mezzo ai lupi da leone, con borsa, sandali e zaino e forse anche con qualche arma, invece mi vuoi agnello che si lascia portare, che si dona, come hai fatto Tu. Sei stato l’agnello di Dio fino alle estreme conseguenze. Ti confesso non è facile seguirti su questa strada. Spesso sono tentato di pensare che per vivere in un mondo di lupi, debba diventare anch’io un po’ lupo. Liberami da questa tentazione e donami la certezza che la mia forza sei tu che mi mandi. Non il mio fare, ma il lasciarmi plasmare da Te è la mia vitalità. Ti ringrazio Signore perché mi posso permettere di essere un agnello, perché tu sei il mio pastore, più forte di ogni lupo che io possa incontrare lungo la strada. Grazie, Ti voglio bene.


Domenica 22 Maggio 22
In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».

COMMENTO
Caro Gesù, continui a incalzarmi con la tua parola piena di amore. Domenica scorsa mi hai invitato a seguirti come una docile pecorella che ascolta e conosce la tua parola, oggi mi guardi negli occhi, e con infinita dolcezza mi dici: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola”. Io ti amo Signore? Amare nel Vangelo, Tu me lo hai insegnato, non è emotività che commuove, passione che imprigiona, entusiasmo irrazionale. Amare è un modo di essere che si traduce sempre con il verbo dare, «non c’è amore più grande che dare la propria vita» (Gv 15,13). Si tratta, Gesù, di darti tempo e cuore e farti spazio. Solo se Ti do tempo e spazio potrò osservare la Tua Parola.
Insegnami Gesù che il primo posto nel Vangelo non spetta alla morale, ma alla fede, che è una storia d’amore con Te, uno stringermi a Te come di bambino al petto della madre e non la vuol lasciare, perché è vita. Donami la gioia del bambino che si attacca e succhia la Tua Parola. Fammi comprendere Signore che ascoltare la tua parola è questa scelta di amore vitale. Liberami dalla tentazione di pensare che se osservo le Tue leggi, io Ti amo. Non è così, perché posso essere un cristiano osservante anche per paura, per ricerca di vantaggi, o per sensi di colpa. Amare comincia con il lasciarsi amare. Dio non si merita, si accoglie.
Poi aggiungi una cosa meravigliosa: “Il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”. Tu prendi dimora in me. Io sono la Tua tenda, abitata da Te amore, spazio Tuo, Signore della vita. Terreno fertile dove germoglia l’amore per la vita e il grano della pace. Grazie, Gesù, perché, come dice la preghiera della Tendopoli: “ Tu dilati la mia terra, fai germogliare il chicco della tua parola, fai scaturire l’acqua viva dalla roccia della mia vita”.


Domenica 15 Maggio 22
Dal Vangelo secondo Giovanni
Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora p er poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».
COMMENTO
Signore, Giuda è appena uscito dal Cenacolo, Ti senti tradito e forse anche fallito. Sei solo. Cerchi amici fidati. Ci chiami con un nome denso di tenerezza e amore: “Figliuoli”. Senza mezzi termini aggiungi: “Figliuoli ancora per poco sono con voi”. Sei consapevole che il tuo cammino nel tempo sta per terminare, ti senti abbandonato, cerchi amici veri. Li vuoi vicini. E’ il cuore del padre che parla ai figli che ama. Parla a me. Non raccomandazioni d’occasione ma un testamento. “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri”.
La novità di questo comando è la Tua vita. Il “nuovo” sei Tu che hai “vissuto e non parlato” il comando dell’amore. “Come io” vi ho amati. Gesù ci metti davanti la tua vita. Ci ricordi tutto quello che hai vissuto e non solo insegnato. Tu hai lavato i piedi, hai cercato i peccatori, hai dato un pezzo di pane a Giuda che ti tradiva, non ti sei venduto all’applauso delle folle, hai contestato i farisei. Questo è il “nuovo” che Tu mi affidi. Che bello. La gioia dell’uomo, e la stessa gioia di Dio consistono nell’amare. Non c’è altro di cui vantarsi. L’uomo è vero quando ama: «La verità rivelata è l’amore» (P. Florenski).
Grazie Gesù con il tuo aiuto possiamo vivere quello che ci comandi: “Amatevi anche voi gli uni gli altri”, perché Tu ci ha amati per primo, ci ha amati nonostante le nostre fragilità, i nostri limiti e le nostre debolezze umane. Sei stato Tu a renderci degni del tuo amore che non conosce limiti e non finisce mai. Dandoci il comandamento nuovo, Tu ci chiedi di amarci tra noi non solo e non tanto con il nostro amore, ma con il Tuo, che lo Spirito Santo infonde nei nostri cuori se lo invochiamo con fede. Gesù aiutami a diffondere dappertutto il seme dell’amore che rinnova i rapporti tra le persone e apre orizzonti di speranza. Grazie.


DOMENICA 8 maggio 22
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
COMMENTO
Eccomi Gesù. Domenica scorsa mi hai messo seriamente alla prova, con quella martellante domanda: “Mi ami tu?” Mi sono arrampicato sugli specchi per non darti una risposta banale, e alla fine ho balbettato, consapevole delle mie gracilità, come Pietro: “Tu conosci tutto, tu sai che io ti amo”. Mi aspettavo una reazione severa, tu invece, con amore di padre, mi hai abbracciato, ti sei sporcato del mio peccato, ti sei adeguato a me. Mi hai fatto capire che non pretendi l’amore perfetto, ma ti accontenti di quello che posso darti, purché sia vero e sincero. Grazie. Oggi mi dici: “Le mie pecore ascoltano la mia voce ed io le conosco ed esse mi seguono, tu che fai?” Prima di tutto ti ringrazio per la chiarezza con cui ti rivolgi a me. Per il tono della voce… Non un ordine severo da eseguire, ma una materna e carezzevole sollecitazione: M’inviti ad ascoltare come le pecore. La pecora mansueta ascolta perché si sente chiamata con amore. Solo chi ama ascolta. Amare vuol dire soprattutto ascoltare in silenzio. La voce di chi ti vuole bene giunge ai sensi del cuore prima del contenuto delle parole. Infatti “L’amore finisce, dove cessa l’ascolto.” Continua a chiamarmi, Signore, perché anche a me succede, come la maggior parte delle persone, che parlo senza ascoltare. Poche volte ascolto senza parlare. Raramente riesco a parlare e ascoltare. Dammi la forza, dopo averti ascoltato, di seguirti e quando, come dice Madre Teresa “non posso più correre veloce, dammi la forza di camminare. Quando non posso più camminare, aiutami a usare il bastone. Però, ti prego, non trattenerti mai”. Quando le mie gambe sono stanche, dammi la forza di camminare con il cuore. Seguirti Signor è sempre e solo una questione di amore. Donami la forza dell’amore per seguirti fino alla fine. Infine Signore ti chiedo di donarmi una gioiosa libertà che non si vergogna di puzzare di pecora come dice il papa. Puzzare di pecora è il vero “piviale “ del prete decorato di mansuetudine, ascolto, silenzio e fiducia. Signore quando gli eventi della vita, mi costringono a sperimentare di essere come te: “Agnello mansueto condotto al macello”, aiutami a non lamentarmi, e non fare rivendicazioni sindacali, ma dammi la forza di ripetere con te: “Per questo sono venuto nel mondo. Padre sia fatta la tua volontà.”.


DOMENICA 1 maggio 22
Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: “Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro?”. Gli rispose: “Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene”. Gli disse: “Pasci i miei agnelli”.
Gli disse di nuovo: “Simone di Giovanni, mi vuoi bene?”. Gli rispose: “Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene”. Gli disse: “Pasci le mie pecorelle”.
Gli disse per la terza volta: “Simone di Giovanni, mi vuoi bene?”. Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi vuoi bene?, e gli disse: “Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene”. Gli rispose Gesù: “Pasci le mie pecorelle.
In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane, ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio, tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi”. Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: “Seguimi”. (Gv 21,15-19)

Commento
Caro Gesù, eravamo sulla riva del lago di Tiberiade, c’erano tutti i discepoli, avevamo mangiato il pesce arrostito, da poco pescato. Chiamasti Pietro e gli domandasti: “Simone mi ami tu”?….. Gli esegeti notano che l’evangelista gioca con il verbo amare che in greco, si può dire, sia con il verbo “filéo” che esprime l’amore di amicizia, tenero ma non totalizzante, sia con il verbo “agapáo” che significa l’amore senza riserve, totale ed incondizionato. Ha scritto Papa Benedetto:
“Gesù domanda a Pietro la prima volta: “Simone… mi ami tu (agapâs-me) con quest’amore totale e incondizionato?” Prima dell’esperienza del tradimento l’Apostolo avrebbe certamente detto: “Ti amo (agapô-se) incondizionatamente”. Ora che ha conosciuto l’amara tristezza dell’infedeltà, il dramma della propria debolezza, dice con umiltà: “Signore, ti voglio bene (filô-se) ”, cioè “ti amo con il mio povero amore umano”.
Gesù insiste: “Simone, mi ami tu con quest’amore totale che io voglio?”. E Pietro ripete la risposta del suo umile amore ferito: “Kyrie, filô-se”, “Signore, ti voglio bene come so voler bene”.
Alla terza volta Gesù, cambia verbo, e dice a Simone soltanto: “Fileîs-me?”, “mi vuoi bene?”. Simone comprende che a Gesù basta il suo povero amore, l’unico di cui è capace, e tuttavia è rattristato che il Signore gli abbia dovuto dire così. Gli risponde perciò: “Signore, tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene (filô-se)”.
Sei stato grande Gesù perché ti sei adeguato a Pietro, non pretendi da lui tutto l’amore, ma solo quello che può darti, con le ferite e l’umiliazione del rinnegamento. Grazie Gesù perché sentirsi amati quando non si merita, è sperimentare la resurrezione. Pietro ti segue consapevole della propria fragilità; ma questa consapevolezza non l’ho scoraggia. Sa di poter contare sulla Tua presenza viva e risorta accanto a se.
Gesù grazie che ti adegui anche alla mia debolezza, perché quando ho esaurito l’entusiasmo del primo amore, tu mi hai aspettato, e quando ho sperimento l’esperienza del limite e del peccato tu ti sei chinato sopra di me e ti sei accontentato di quello che potevo darti. Aiutami però Gesù, a non “accomodarmi nella tua misericordia”, a non vivere con Te un amore rassegnato e stanco, ma donami un amore vero, anche se “sincero e impetuoso” come quello di Pietro.


DOMENICA 24 Aprile 22.
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gv 20,19-31
COMMENTO
Caro Gesù, questo discepolo mi piace. E’ tosto. Ci mette la faccia. Vuole sporcarsi le mani. Fu lui a convincere i timorosi discepoli, che si opponevano alla tua salita a Gerusalemme dove ti avrebbero ucciso, a seguirti: “Andiamo a morire con lui”. Era pronto alla lotta e alla morte, come ora è pronto alla vita e alla verità. Vuole vedere per amare, toccare, non per curiosità, ma per responsabilità. Vuole firmare con le sue mani un eventuale e definitivo patto di amore.
Quando Tu, Gesù, entrasti a porte chiuse nella sala, tutti temevano che avresti fatto una solenne lavata di testa, a Tommaso per la sua cocciutaggine; invece ti rivolgi a quel coraggioso discepolo che per tre anni avevi educato alla verità che libera, alla responsabilità che matura, e ti metti nelle sue mani… “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco”. Non rimproveri, ti doni. Tendi la mano, quasi a dire mettimi l’anello, sposami, accoglimi. Io sono amore crocefisso che vive per te! Immediata e traboccante di amore la risposta di Tommaso: “Signore mio e Dio mio”! Come dire AMORE MIO. E’ l’amplesso del cantico dei cantici: “Il mio amato è mio ed io sono per lui”. E’ mio come lo è il cuore che da vita, mio come l’aria che respiro.
Grazie Gesù, perché quelle tue mani e quel costato ferito raccontano l’immenso amore che tu hai per me; ma nello stesso tempo, la delicatezza con cui mi “esponi le tue ferite aperte”, mi dicono che tu aspetti i miei tempi di crescita, che non mi abbandoni quando sono stanco o quando cado, non ti scandalizzi della mia fede corta. Aiutami a riconoscerti nelle piaghe che intravvedo nella mia vita e guardarle non come ferite di morte ma come ferite di vita. Donami allo stesso tempo, la forza dell’amore per toccare le piaghe delle persone che incontro nel sentiero della mia vita, perché l’amore guarisce e risuscita.


PASQUA DEL SIGNORE – 17 Aprile 22
Dal Vangelo secondo Giovanni
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
COMMENTO
Caro Gesù, una donna la mattina di Pasqua, quando ancora era buio, strisciava impaurita all’esterno del sepolcro, alla ricerca dell’amato del suo cuore. La sua anima era appesantita dalla tristezza e dalla delusione per la morte del suo amato. Non credeva ai suoi occhi, quando vide che “la pietra era stata tolta dal sepolcro”. L’amore che cercava, per piangerlo e fargli compagnia, non lo trova, è disperata. Corre urlando: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto”! Inizia la Pasqua. Pasqua è “sete di amore”. Quella donna urla l’amore che non trova. Pasqua è la corsa alla ricerca dell’amore trafugato, dell’amore che non muore. Dell’amore che vince la morte. Inizia la “caccia al Tesoro”. L’amata cerca l’amato come nel cantico dei cantici: “Volevo cercare l’amato dell’anima mia. L’ho cercato e non l’ho trovato. M’incontravano le sentinelle, che fanno la ronda in città: “Avete visto l’amato dell’anima mia?”. Di poco ero passata loro oltre, quando trovai l’amato dell’anima mia; lo afferrai e più non lo lasciai”. Questo hanno sperimentato Giovanni e Pietro, i due innamorati che correvano per ritrovare l’amore che avevano gustato quando Lui era in vita, e che aveva riempito di gioia e di senso la loro esistenza. Gesù era l’amore della loro vita. Arrivano alla tomba, è vuota. Osservano, vedono e credono. Sono felici. L’amato del loro cuore non poteva morire. Pasqua è la tomba della morte svuotata dall’amore che si dona. Pasqua è la corsa gioiosa alla ricerca dell’amore possibile. Pasqua è la vittoria sui sepolcri del nostro egoismo farisaico. Pasqua la pietra dei nostri loculi del conformismo di comodo, che viene rotolata via. Gesù, credo che sei vivo, che sei il vivente, che sei qui con me, ora, oggi, risorto e per-sempre-presente.


 

DOMENICA DELLE PALME 10 aprile

In quel tempo, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”». Gli inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno». Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo: «Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cieloe gloria nel più alto dei cieli!».

COMMENTO
Ci siamo caro Gesù. Tu tiri dritto. Vai deciso verso Gerusalemme. Nessuno riesce a fermarti. Ami fino alla fine, “fino a morirci per amore”. La piazza è affollata. Ti aspettano per farti re. Il popolo ti vuole perché il pranzo, con te che comandi, è assicurato; i discepoli non vedono l’ora di sedersi su una poltrona di potere, anche i farisei si danno da fare perché desiderano allontanare i romani. Tutto è pronto per l’entrata trionfale.
Tu Gesù, mi vedi. Non sono tra la folla. Io me ne sto buono, legato, accartocciato nelle mie paure. Sono quel somaro, non domato, che se ne sta incatenato, apparentemente felice, a ruminare nella comoda greppia, il fieno e biada. Ho paura di seguirti fino alla fine, fino a sacrificare la vita. Si Gesù, sono bloccato dai miei mille problemi. Non mi lascio cavalcare da nessuno. Orgogliosamente arroccato nel mio io, m’illudo e prendo le distanze da tutti. Tu lo sai che dal primo momento che ti ho incontrato, mi hai sedotto, ma adesso. Come Pietro, seguiti, fino a morire, mi sembra che mi chiedi troppo.
Tu non molli. Mandi i tuoi discepoli a slegarmi. Domando: Perché mi slegate? La risposta è secca: “Perché servi al Signore”. Non capivo bene a cosa potevo servirti, Gesù, o meglio lo sapevo ma non lo volevo riconoscere a me stesso. Infatti, mentre mi stanno slegando, si leva dentro di me la protesta: “Perché mi slegate”? Sto bene come sto! Tutti vivono così. Non mi manca niente. Lasciami in pace. “Che vuoi da me”?
Tu Gesù, mi tiravi da una parte e il mio io dall’altra. Alla fine mi arresi. Ero curioso, volevo vedere a cosa potessi servire. Mi salisti in groppa e, cosa strana, chiunque ci aveva provato lo avevo disarcionato, tu non cadesti. Pesavi, ma il tuo peso era leggero. Non ero io che ti portavo, eri tu che mi davi la forza. Passammo tra la folla festante e pronta ad acclamarti re…. Ma tu andasti oltre, oltre il Cedron, direzione Calvario. Ero con te, mi avevi domato, mi avevi cavalcato, mi avevi amato. L’amore non pesa, l’amore ti pesa. Grazie Gesù continuo a seguirti, per ora il Calvario, con te in groppa, non mi fa paura.


DOMENICA 3 aprile (V di Quaresima)

“In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più». Parola del Signore

COMMENTO
Gesù ricordo bene questa scena. Quelle pietre tenute in mano in modo minaccioso, mi mettevano paura. La domanda dei farisei, volutamente capziosa, poteva metterti in difficoltà. Se dicevi che quella donna doveva essere liberata, ti accusavano di andare contro la legge, se affermavi che doveva essere lapidata, ti mettevano il popolo contro. Ricordo il tuo viso, era diventato severo. Gli occhi tradivano rabbia e sofferenza. Ero, sinceramente, un po’ meravigliato. Domenica passata, mi avevi abbracciato al mio ritorno, e perdonata la mia fuga dal tuo amore. Adesso ti vedo teso, con il volto tirato. Dopo averli ascoltati con pazienza, t’inchini a scrivere per terra. Tutti ti guardano, tutti aspettano una risposta. Alzasti il capo, li guardasti uno per uno e poi, – la vedo ancora la scena-, gridasti forte: “Tirate, tirate le pietre, ma dovete essere senza peccato”. Loro indugiavano e tu gridando più forte: “Se siete senza peccato, tirate le pietre”. Le pietre gli caddero dalle mani e uno a uno se ne andarono. Erano tutti peccatori. Ti corsi incontro, ti abbracciai gridando: “Sei grande, ti voglio bene. Ho capito, non sono le leggi e neanche l’opinione della gente che può condizionare la mia vita. Ti amo Gesù, tu mi rendi libero, mi togli le catene. Se sono senza peccato, sono libero. Possono anche incatenarmi e calunniarmi, ma questa tua parola “mi” rende vero uomo”. Poi ti vidi che t’inchinavi su quella donna: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E tu: «Neanche io ti condanno; va e d’ora in poi non peccare più». Non lo dice il Vangelo, ma sono sicuro che quella donna ti abbracciò, con il volto raggiante e profumato di lacrime. Era libera. Abitata dall’amore, non camminava volava. Questo è paradiso. È l’amore che rende muta la gente e demolisce l’angoscia della legge.

DOMENICA 27 marzo (IV di Quaresima)
+ Dal Vangelo secondo Luca (15,1-3 11-32)

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

COMMENTO
Domenica scorsa, Caro Gesù, mi chiedevi di convertirmi, cioè di cambiare amore. Oggi m’insegni come fare. Io mi rassomiglio sia al primo figlio che se ne va, sia al secondo che resta, ma la tua parola mi chiede di diventare “terzo figlio”, il vero figlio. Ascoltami. Un giorno me ne ero andato, con la mia parte di eredità in tasca, ti avevo lasciato, cercavo me stesso, volevo gestire la mia vita. Tu non ti opponesti, mi lasciasti andare, anche se prevedevi che mi sarei fatto male. Soffrivi per la mia libertà, ma non obiettasti. Iniziai il viaggio della presunta e sognata libertà, ma presto rimasi solo, vuoto e depresso («sperperai le mie sostanze vivendo in modo dissoluto»). Io, che a casa di “nostro padre” ero un principe onorato, ero diventato servo. Mi ero illuso. Quell’abbaglio di felicità crollò quando mi “risvegliai” in mezzo ai porci, “ladro di ghiande” per sopravvivere. Allora rientrai in me stesso. La fame, la dignità umana perduta, il ricordo di quello che avevo, mi fecero ragionare: «Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza ed io qui muoio di fame!».. Mi alzai e partii. Tremavo, mentre tornavo a casa, pensavo come presentarmi: «Non sono più degno di essere chiamato tuo figlio…» «Ho peccato … trattami come uno dei tuoi salariati» (v. 19). Questi pensieri scomparvero davanti a lui che mi veniva incontro. «Quando ero ancora lontano, mio padre mi vide, ebbe compassione, mi corse incontro, mi si gettò al collo e mi baciò». L’abbraccio e il bacio del nostro papà mi fecero capire che ero stato sempre considerato figlio, nonostante tutto. Per Lui io valevo e valgo più del mio peccato. Che bello Gesù, aver un padre che ci lascia liberi, che ci aspetta e che ci dona l’abbraccio del perdono.
Caro Gesù, sono felice per l’abbraccio di perdono del tuo e mio Padre, ma non posso fare a meno di presentarti la mia vita di oggi. Tu lo sai che spesso mi comporto come il secondo figlio. Abito la casa del nostro Padre, ma vivo come se fosse mia, annuncio la Sua parola ma l’adatto alle mie pretese, salgo sull’altare per annunciarlo, ma metto in mostra me stesso. Tante volte mi sento un perfetto fariseo, dove la legge conta più dell’amore, l’apparire più dell’essere. Devo dirti con sincerità Gesù, che spesso pretendo il “ capretto per me”, le attenzioni per me, il rispetto delle mie cose; segno evidente che il mio cuore non è dentro le cose che fa, ma fa delle cose il suo tesoro.
Aiutami Gesù. Tu sei il “terzo figlio” che «non ritenne un privilegio l’essere come [il Padre], ma svuotò sé stesso, assumendo una condizione di servo» (Fil 2,6-7). Tu lo sai bene che il primo e il secondo figlio, a periodi alterni, continuano a convivere in me. Per diventare “figlio vero” mi devi aiutare. Caricami sulle tue spalle quando mi allontano, come la pecorella smarrita, guarisci le mie ferite con l’olio della misericordia come il buon samaritano, e donami la forza di svuotarmi di me per riempirmi di te. Perché tutto viene da Te. Grazie

DOMENICA 20 marzo (terza di Quaresima)
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

COMMENTO
Caro Gesù, ero disceso dal Tabor con nel cuore una gioia immensa per aver visto quello che desideravo essere. Nel tuo volto luminoso e trasfigurato, vedevo la mia vita realizzata. E’ vero, mi avevi anche detto che dovevi soffrire molto ed essere messo a morte; ma ora mi sorprendi. Non capisco le tue parole: “Se non ti converti, perirai anche tu allo stesso modo degli abitanti di Gerusalemme e dei Galilei”. Gesù, se convertirsi, è cambiare amore, cosa vuoi dirmi? Io ti voglio bene, ti seguo, faccio il mio dovere, cerco di essere attento alle pratiche di pietà, che vuoi ancora di più? Qual è il mio amore sbagliato?
“E’ vero amico mio, tu pensi di amarmi e di seguirmi, ma non ti accorgi che il tuo amore è a servizio di un padrone che continua a condizionarti. Il padrone dell’apparenza, dell’efficienza, del sembrare. Che ti ricatta e schiavizza con giudizi severi: non sei buono a nulla, sei solo foglie, non porti frutti, solo apparenza, solo immagine. Ti senti depresso e sacrificato al tuo io, che sopravvive questuando consensi e stima. Anche Me tratti come una tangente da pagare, come un dovere da compiere. Sei un funzionario, non un innamorato”.
Credimi Gesù, faccio fatica a liberarmi dal fascino del consenso della massa, dal potere del pensiero unico, dalla logica delle bancarelle dell’apparire. E’ triste e lo riconosco, Ti vengo dietro con un amore d’occasione, una fede da facciata, una speranza interessata. Ti prego Gesù, aiutami! Rivelati non come il padrone che giudica la mia stagione senza frutti, ma come il vignaiuolo che prende a cuore la mia causa: “Lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”. Grazie Gesù, convertirmi è credere a Te contadino, che ami la mia terra perché è Tua , e ogni giorno ti affatichi a dissodarla per rendere libero e fruttuoso il mio cuore. Dice sant’Agostino: “La zappatura attorno all’albero significa l’umiltà di chi si pente, poiché ogni fossa è bassa. La cesta dello sterco (il concime) significa le sporcizie morali di cui uno si pente; che c’è infatti di più sporco dello sterco? Eppure, se ne fai buon uso, che c’è di più fruttuoso?” Grazie Gesù, mio paziente contadino, che m’insegni l’umiltà umiliandomi.

 

DOMENICA 13 MARZO
( Seconda di quaresima)
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto. Parola del Signore

COMMENTO
Che bello. Non me l’aspettavo. Anche io, come Pietro non posso fare a meno di esclamare: “E’ bello per noi stare qui”. E’ bello, perché tu Gesù mi chiami, insieme a Pietro Giacomo e Giovanni, e, con tenerezza infinita, mi inviti: “Saliamo sul monte a pregare”. Sul monte, dove è più facile ascoltare la voce di Dio, dove cielo e terra si toccano, dove Mosè e i profeti hanno fatto l’esperienza straordinaria dell’incontro con Dio”. Sul monte dove Abramo, chiamato a sacrificare il suo figlio, sperimentò che “Dio provvede”. Ti seguo.
“Il Tuo volto cambiò d’aspetto e la Tua veste divenne candida e sfolgorante”. Che bello. Quello che pensavo di te Gesù, ora lo vedo. Quello che mi aveva incuriosito, ora diventa evidente. Tu Gesù, figlio di Maria e di Giuseppe, sollevi per un momento il velo dell’uomo e lasci intravedere lo splendore della natura divina. Vedo quello che sento che devo diventare, comprendo il significato della vita che altro non è che la gioia e la fatica di liberare tutta la luce e la bellezza che Dio ha deposto in me. La luce di Dio si nasconde nel profondo pozzo di ogni persona. Ti ri-veli, ti spogli per far vedere l’anima. La tua nudità è luce di amore che prepara me e i discepoli a comprendere lo scandalo del Calvario quando, spogliato delle tue vesti, sarai deriso e crocifisso. Sono affascinato. Il Tuo volto luminoso è la proiezione del tuo cuore che brucia di amore. Mi sento a casa mia. Facciamo tre tende.
Stupito e innamorato da quella luce mi chiedo che devo fare, e una voice arriva perentoria. «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». Grazie Gesù, il primo passo per essere contagiati dalla Tua bellezza è ascoltarti da innamorato, è dare tempo e cuore al Tuo Vangelo. E’ vero Gesù, un cuore che ama è luminoso nel volto. Aiutami Gesù a liberarmi dalla “maschera rituale” che umilia la mia vita, per rivelare con il volto luminoso, il Tuo amore che mi abita.

 

DOMENICA 6 MARZO
(Prima domenica di quaresima)

In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”». Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato. (Lc 4,1-13)

COMMENTO
Ci siamo Gesù. Ti ho seguito, ti ho scelto. Ora arriva il bello. Non siamo più sulla barca, sul mare, in una meravigliosa luna di miele; siamo nel deserto. Deserto è opportunità ed essenzialità. E’ interiorità. Il deserto è soprattutto tentazione. E’ guerra. Lo Spirito Santo, caro Gesù, ti conduce sul campo di battaglia, è la tua ora, devi scegliere. La tentazione è sempre una scelta tra due amori. Come nel deserto gli Ebrei si sono scoperti come popolo amato e liberato da Dio, ora tu Gesù, solo, nel deserto devi decidere e scegliere come fare il Messia. Tu lo sai qual è la tua missione, ma devi scegliere il metodo come attuarla. Devi scegliere chi diventare. “Il tuo progetto di mondo e di uomo, il tuo modello di Messia, inedito e stravolgente, è messo alla prova nelle tentazioni”. Gesù, il momento è decisivo. Anch’io devo scegliere chi diventare. Le tue tentazioni sono anche le mie: toccano la mia carne e le relazioni che ho con le persone e con il creato. La prima tentazione è quella del rapporto con me stesso, con la mia “fame” di possedere persone e cose. “Dì a questa pietra che diventi pane”. E’ la tentazione di trasformare le cose e le persone in beni di consumo. Gesù liberami dalla frenesia di usare e abusare di tutto ciò che esiste, a mio piacimento e ricordami che “non di solo pane vivrà l’uomo”. Nella seconda tentazione, individuo il fascino del potere e del successo. La proposta di un “regno”, per una vita gaudente e potente, è allettante, ma assolutamente non barattabile con il dono della libertà e della dignità. Aiutami, sul tuo esempio, a rifiutare l’idolatria del potere che “dona morte” mentre esalta, e donami la forza dell’amore che dona vita mentre muore. La terza tentazione è di crearmi il mio Dio a uso e consumo. Un dio che fa quello che voglio io. Un dio che m’imprigiona, che mi s’impone con miracoli stravaganti e affascinati. Liberami Gesù, da questa idea di un Dio scenografico, che abbaglia e narcotizza, e da una fede spettacolare con effetti speciali che annientano la mia libertà.

 

DOMENICA 27 FEBBRAIO
+ Dal Vangelo secondo Luca (Lc. 6,39-45)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:
«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.
Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda».

COMMENTO
Forse, Gesù, ti eri accorto che le ultime tue parole: “Non giudicare e non sarai giudicato”, e il comando di “amare e perdonare i nemici” mi avevano destabilizzato dal mio iniziale, caloroso entusiasmo da innamorato. Sentivo vero e bello quello che tu mi proponevi, ma non riuscivo a pensare possibile quello che mi chiedevi. Impantanato nel confortevole laghetto dell’umore, non osavo rischiare nel mare aperto dell’amore.
Continuavo a remare con Te Gesù, per passare all’altra sponda, ma ero triste e preoccupato . Mi chiedevo se stavo sulla giusta barca e se la rotta era quella sicura. Tu, Gesù, forse leggendo nel mio pensiero, mi chiedesti: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso?
Era fin troppo evidente la risposta. Non capivo cosa volessi dirmi. Fissai i tuoi occhi un po’ disorientato e sconfortato e Tu: “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12). Era chiaro che ti dichiaravi con forza: Io ti amo: ti fidi o non ti fidi? E battendo ancora più duro: “Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello”.
Grazie Gesù, perché mi apri gli occhi del cuore. È cieco chi guarda solo con gli occhi. Sono cieco perché vedo solo quello che voglio vedere. Liberami dalle pregiate e bifocali montature degli occhiali di comodo, nei quali mi nascondo per vedere e notare negli altri ciò che a me manca e che non accetto in me. Il direttore di San Gabriele diceva: Il difetto che vedi nell’altro ce lo hai sicuramente tu. Spesso l’atro è il mio specchio, evidenzio i suoi limiti per non vedere i miei. Gesù aiutami a vedere con il cuore. Si vede con il cuore quando ci si sente amati. Chi giudica e critica non ha una vita densa di amore. Questo non mi perdono Gesù e ti chiedo aiuto: so di essere amato e ma non sono costante nell’amore. Non vedo con il cuore ma con la testa. Giustifico quasi sempre i miei difetti, li occulto anche a me stesso; sono vigliacco: sono indulgente con me e duro con gli altri.
Eccomi Gesù prendimi come sono. Non mi sento, dopo questa chiacchierata con Te, fuori posto in una strada sbagliata. Tu, non solo sei la luce che mi illumina, ma sei il cuore della mia vita che accade, il seme della mia pianta. Il seme non si agita e non progetta, la sua crescita è condizionata dalla dipendenza dal sole e dalla pioggia. Ecco Signore, mi sento più sereno perché non devo preoccuparmi se mi resta difficile amare il nemico e se faccio fatica a non giudicare il fratello, quello che mi chiedi e di seguirti, di fidarmi, di lasciarmi fare da te. Devo, farti nascere, la mia pianta, che porta frutti buoni, sei Tu che mi ami.

Domenica 20 febbraio
Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.

+ Dal Vangelo secondo Luca (Lc 6,27-38)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.
E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.
Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

COMMENTO
Continua la traversata; sono con Te al largo Gesù, navighiamo in mare aperto. Lontano dalla folla, dal pensiero unico e omologato; mi guardi e: “A voi che ascoltate”, a me! dici: “Ama i tuoi nemici, fai del bene a quelli che ti odiano, benedici coloro che ti maledicono, prega per coloro che ti trattano male”. .
Ti guardo, Gesù, sorpreso ed impaurito, perché penso che amare i nemici sia impossibile. Tu, quasi leggendo nel mio pensiero, continui: “Se ami quelli che ti amano, quale gratitudine ti è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fai del bene a coloro che ti fanno del bene, quale gratitudine ti è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso”.
Non capisco. Sono deluso. Forse mi sono sbagliato. Mi sento fuori posto; sono frustrato, smarrito. Dopo un po’, alzo la testa, e i Tuoi occhi incrociano i miei, smarriti e timorosi; era lo sguardo dell’amore che racconta senza parlare: “Se vuoi essere mio discepolo, se vuoi abitare nel mio amore, questa è la via, non c’è un’altra”. Ti guardai quasi terrorizzato e Tu: “Ti spiego: perché sei amato da Dio, sei chiamato ad amare; perché perdonato devi perdonare; perché toccato dall’amore, sei inviato a dare amore senza aspettare che comincino gli altri; perché salvato gratuitamente, non puoi ricercare alcun utile nel bene che fai”.
Ero incantato ad ascoltare quelle “logiche parole” anche se mi facevano paura. Lui mettendomi una mano sulla spalla, con voce affettuosa mi disse: “Sii misericordioso, come il Padre tuo è misericordioso”.
Perché? Mi guardai dentro e mi accorsi, quasi fulminato, che il peggiore nemico che ho incontrato nella vita e che dovevo perdonare, ero proprio io. Caro Gesù, mi hai dato tutto per amore, ed io te l’ho rubato. La presunzione di farmi da solo mi ha fatto dimenticare che tutto viene da te. Sono smarrito, mi sento infedele, non degno del tuo amore. Come posso perdonare se non sono perdonato? Come essere misericordioso se non ho sperimentato la tua misericordia?
Tu Gesù, percepisti la mia difficoltà, mi abbracciasti e le tue parole: “Non giudicare e non sarai giudicato, non condannare e non sarai condannato, perdona e sarai perdonato”, mi riconciliarono con il mio passato; mentre le parole “Dai e ti sarà dato, perché con la misura con la quale misurerai, sarà misurato a te in cambio”, mi lanciarono verso il futuro, in quell’immenso mare dell’amore, dove la bussola del viaggio era la scoperta di essere, nonostante tutto, amato per sempre.


Domenica 13 febbraio

Dal Vangelo secondo Luca Lc 6, 17. 20-26

In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne.
Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:
“Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete, perché riderete.
Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete.
Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti”.

Eravamo scesi dal monte ed eravamo seduti, c’era molta gente, e Lui “alzati gli occhi verso i suoi discepoli”, verso di noi, solo noi, verso di me. Ero felice, mi sentivo amato. Perché la consapevolezza di essere amato è beatitudine, l’inconsapevolezza è infelicità. Quando, Gesù, incominciò a proclamare la sua “Mappa del cammino”: “Beati voi, poveri, Beati voi, che avete fame, Beati voi, che piangete, Beati voi, quando gli uomini vi odieranno” etc. non rimasi sorpreso, ero “raggiante” perché capivo quelle parole. Solo chi è ricco di amore può essere povero. Chi ha trovato il tesoro vende tutto per comprarlo. Ad un innamorato non interessa se la sposa è ricca o povera, se ha o non ha un tesoro, lei è il tesoro. Quindi se ho incontrato l’amore, se vivo l’amore, non mi ferisce essere perseguitato, giudicato, condannato. Chi è ricco di amore non manca di nulla. Mentre chi è povero di amore, manca di tutto anche se ha tutto. La vita mi ha insegnato che la vera beatitudine è l’amore del cuore di Dio che si impadronisce del cuore dell’uomo e “la grande tragedia della vita non è che gli uomini muoiano, ma che cessino di amare”. (William Somerset Maugham)
Gesù la tua “mappa” termina con “guai a voi, ricchi; guai a voi, che ora siete sazi; guai a voi, che ora ridete; guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi”. Faccio un esame di coscienza: Guai a me Signore perche, credo di amarti, ma spesso confondo l’amore con l’umore, basta un “dirmi bene” per farmi toccare il cielo con un dito o un “dirmi male” per farmi sprofondare nello sconforto. Sono piccolo Signore. La mia fede è corta e il mio amore è freddo come la neve che il primo sole scioglie. Perdonami, Signore, le stagioni della mia vita senza fiori perché non custodite dall’ amore. Soccorrimi quando bivacco in quella zona grigia in cui tutto è abitudine, tirami fuori da un amore stanco e di mercato, perché il tempo che non si riempie di amore è sprecato. La vita è amore.


Domenica 6 Febbraio
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono. (Lc 5,1-11)

COMMENTO

Caro Gesù, mi sorprendi sempre. Avevamo faticato tutta la notte. Non avevamo pescato niente. Stavamo lavando e aggiustando le reti, le solite lamentele, il solito piangerci addosso, e a subire le umiliazioni e gli sberleffi dei colleghi pescatori. Poi arrivasti Tu. E dicesti a Simone. «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca» ci guardammo stupiti. Come si permetteva, un giovane inesperto falegname, dare consigli a noi consumati pescatori. Pietro con delicatezza espresse il nostro dissenso. “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla”, e poi, con mia sorpresa aggiunse: “ma sulla tua parola getterò le reti». Rimasi sorpreso. Non capivo che cosa aveva spinto Pietro a fidarsi di quel “figlio di Giuseppe”. Con gli anni ho capito. Su quella barca non ci furono discorsi, ma sguardi: per Gesù guardare una persona e amarla è la stessa cosa. Pietro in quegli occhi ha visto l’amore per lui. Si decise a prendere il largo e gettare le reti, perché si sentiva amato. La pesca fu abbondante. Le barche erano piene. Ci buttammo in ginocchio con Pietro gridando: «Signore, allontanati da noi, perché siamo peccatori». Non ci allontanò e non ci rimproverò e a ciascuno di noi disse: «Non temete; d’ora in poi sarete pescatori di uomini». Non capii cosa volesse dire essere pescatori di uomini, ma un futuro si apriva, Gesù vede me oltre me, vede la primavera nel mio inverno, ammira la spiga nel mio piccolo seme. Tirate le barche a terra, lasciai tutto e lo segui. Grazie Gesù: il cuore vola, dove la mente non sa neppure camminare.
Signore, Tu lo sai, spesso la mia barca urta sui fondali dell’accomodamento, i tuoi inviti a prendere il largo, non trovano la mia volontà libera e disponibile a rompere gli ormeggi. Gesù dammi la forza di osare di più. Tu lo sai, il bisogno di “sicurezze umane”, m’inchioda a un mondo vecchio fatto di leggi e non di amore, liberami dal perbenismo di comodo, dal fariseismo di mestiere. Aiutami, la libertà è sempre una lacerazione.


Domenica 23 Gennaio
+ Dal Vangelo secondo Luca

Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto. In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».Parola del Signore

COMMENTO

Gesù, la strada che mi stai indicando è chiara. Nella prima domenica mi hai detto che ti prendi cura di me, “sono prezioso ai tuoi occhi”; nella seconda domenica mi hai fatto capire nel banchetto a Cana, che sei “l’innamorato dell’uomo” che mi cerca. Oggi mi ricordi che in forza del Battesinmo “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista”. Sono consacrato cioè Ti appartengo, sono nelle Tue mani. Sono vivo, illuminato da Te perché sono connesso a Te. Tu mi completi. Rendi possibile che io diventi quello che Tu vuoi. Tu esisti per me. Io sono Te che mi fai. Gesù mi stupisco e commuovo a pensare che Tu esisti per me. Sei l’Amore che mi abita.
Caro Gesù, questo è il lieto annuncio, la rivoluzionaria notizia che devo proclamare. “La liberazione ai prigionieri, la vista ai ciechi e la libertà agli oppressi”, non consiste in una pietosa e misericordiosa dichiarazione che toglie i peccati e lava le colpe, e neanche in una morale più blasonata o più vantaggiosa delle altre. Il cristianesimo non è una morale ma una sconcertante liberazione. La buona e festosa notizia è che Tu , Gesù, metti me, povero uomo, al centro. Dimentichi Te stesso per me, e con me e per me liberi la Tua potenza di amare contro tutte le oppressioni esterne, contro tutte le chiusure interne, perché la storia diventi “altra” da quello che è. Non la storia degli uomini soli, sperduti nel tempo, ma la storia di Dio in compagnia dell’uomo.


Domenica 16 gennaio
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. (Gv.2,1-11)

COMMENTO

Signore domenica scorsa mi hai detto che mi ami. Sono il Tuo amato e Ti prendi cura di me, Grazie. Oggi però la Tua parola parla di un banchetto, dove è venuto a mancare il vino. Senza vino non c’è gioia, non c’è festa.  Vedi Gesù è successo e succede anche a me: mi manca il vino della festa quando, nel quotidiano della vita, mi assalgono mille dubbi e trascino la vita senza entusiasmo.  Sopravvivo non vivo, bivacco non cammino, parlo non amo. Dimmi che devo fare? Tua madre mi suggerisce «Qualsiasi cosa ti dice, falla». Tolgo gli auricolari di comodo, mi metto in ascolto. Immediato è il comando: «Riempi d’acqua le anfore». L’acqua con cui devo riempire la mia anfora è il mio nulla, è prendere coscienza del mio limite, è non vergognarmi di quello che sono. La seconda cosa che mi chiedi, tuttavia, è ancora più strana: «Ora prendi e portala a colui che dirige il banchetto». Questo è troppo, rischio il ridicolo, i commensali rideranno di me quando vedono che offro dell’acqua al direttore del banchetto.  Mi fido. Obbedisco e mentre cammino, senza che me ne accorga, l’acqua diventa vino, il mio niente acquista sostanza, le mie paure diventano festa.  Ora capisco e ti ringrazio: nella bancarella della vita tu mi chiedi di non vergognarmi di mostrare il mio nulla perché Tu vuoi trasformarlo nel Tuo tutto. Di non turbarmi di quello che sono o di quello che possono dire di me, perché Tu mi ami come sono. E’ la storia di due innamorati, che si cercano, si trovano, si celebrano e si amano. Tutto il resto viene come conseguenza di questa relazione.


Domenica 9 gennaio

In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

COMMENTO

Signore grazie, ricomincia un anno e le tue parole mi approdano al cuore: “Tu sei il mio amato, in te mi sono compiaciuto. Ti ho modellato nella profondità della terra e formato nel grembo di tua madre. Ti ho scolpito nei palmi delle mie mani, e ti ho nascosto all’ombra del mio braccio. Ti guardo con infinita tenerezza e ho cura di te con una sollecitudine più profonda che quella di una madre per il suo bambino. Ho contato ogni cappello del tuo capo e ti ho guidato da ogni parte ovunque tu vada, io vengo con te e ovunque tu riposi io veglio su di te. Ti darò del cibo che soddisferà ogni tua fame e bevande che estingueranno ogni tua sete. Non nasconderò il mio viso da te. Tu sai che io sono tuo come io so che tu sei mio. Tu mi appartieni. Niente ma ci separerà. Noi siamo uno”. Eccomi Signore, mi inoltro con Te nel 2022 con i consumati ma comodi sandali della fede, con il sicuro anche se pesante bastone della speranza, con lo zaino pieno di gratitudine per amore ricevuto da Te  che desidero condividere, in questo anno, ai fratelli che incontro.  Grazie.