In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato». Parola del Signore”.
RIFLETTI
Signore la Tua Parola oggi la sento vera per me, che spesso presumo, come il fariseo, “di essere giusto, e disprezzo gli altri”. Tu lo sai, mi succede quando ricerco i complimenti e faccio sempre l’elenco dei miei meriti e delle mie buone opere, quando mi preoccupo dell’apparire anziché dell’essere, quando ci lascio intrappolare dall’egoismo e dal protagonismo.
Ricordo le parole di Papa Francesco: “Vigiliamo sul narcisismo e sull’esibizionismo, fondati sulla vanagloria, che portano anche noi cristiani, noi preti, noi vescovi ad avere sempre una parola sulle labbra, quale parola? “Io”: “Io ho fatto questo, io ho scritto quest’altro, io l’avevo detto, io l’avevo capito prima di voi, e così via”.
Gesù è vero, dove c’è troppo di me, c’è poco di Te. Liberami dalla corteccia del fariseo, ma anche dalla pelle del “pubblicano di mestiere”, che “a distanza, senza nemmeno alzare gli occhi, si batte il petto, dicendo o Dio, abbi pietà di me peccatore”, ma non cambia mai, si comporta da pentito peccatore seriale, e parcheggiato, presume di essere giusto, nella comoda penombra della chiesa.