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Un aiuto per comprendere il Vangelo della Domenica (7 Maggio 2006)

Gv 10, 11-18
Il buon pastore offre la vita per le sue pecore
 
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore. Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; egli è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore. E ho altre pecore che non sono di quest’ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio».


Riflessione

Cristo è pastore e porta: pastore in quanto custodisce il suo gregge; porta in quanto è l’unico accesso all’ovile, la via per la quale entrare in comunione di vita con il Padre. Il legame tra il Pastore e le pecore della Chiesa è suggellato da una nuova alleanza, anticipata negli oracoli profetici e stipulata sulla base di un supremo atto di amore: Gesù versa il suo sangue prezioso per riscattare ed acquistare per sé tutti coloro che sono gravati dal peso del peccato. Una nuova stirpe viene alla luce: è il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui. (1 Pt 2, 9) L’unione intima con Cristo, che la fede realizza già nel fonte battesimale, si rende evidente e raggiunge il suo apice nel banchetto eucaristico (S. Agostino).

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Preghiera

Dio delle virtú, rivolgi noi a te, mostra a noi il tuo viso, e saremo salvi. L’animo dell’uomo si volge or qua or là, ma dovunque fuori di te è affisso al dolore, anche se si affissa sulle bellezze esterne a te e a sé. Eppure non esisterebbero cose belle, se non derivassero da te. Nascono e svaniscono: nascendo cominciano, per cosí dire, a esistere, crescono per maturare, e appena maturate invecchiano fino a mo-rire. Non tutte invecchiano, ma tutte muoiono… Ti lodi per quelle cose la mia anima, Dio creatore di tutto, ma senza lasciarsi in esse invischiare dall’amore, at-traverso i sensi del corpo (S. Agostino, Confessioni, 4, 10, 15).