“Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: “Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione”.
RIFLETTI
Gesù, mi fanno tenerezza i discepoli che ti chiedono: “Signore, insegnaci a pregare”. Non sanno che il solo vederti, è già “scuola di preghiera”. Dire “Padre” è pregare. Questa parola comunica vita e amore: Pregare è vivere di amore. E’ la gioiosa scoperta di avere un Padre che ama, e perché ama, mi dona la vita. Il vivente da lode al Signore. La preghiera è arrendesi a questo gioco d’amore del Padre che vuole accadere nella mia vita, accamparsi nel mio cuore. Non si prega per vivere, ma si vive per pregare, cioè per fare spazio al Padre che vuole plasmarci con l’amore. Se la vita non è preghiera, siamo morti. Kierkegaard afferma: “Pregare è respirare. Chiedersi perché si prega, è come chiedersi perché si respira: Perché altrimenti si muore”. Pregare è riempire alla fonte dell’amore del Padre, l’anfora della nostra vita. Dire “ Signore insegnaci a pregare, è come dire Signore, insegnaci ad amare” e a “non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno, ancor prima che gliele chiediate”.
