Nel deserto con la tenda per diventare abitazione di Dio

Il ritiro è finalizzato alla preparazione della Santa Pasqua. È una sintesi della seconda parte del cammino di questo anno. È una riflessione-meditazione sulla Chiesa. Il ritiro quindi è la scoperta della comunità come luogo di crescita e di responsabilizzazione. Come il popolo Ebreo nel cammino del deserto, abitando la tenda, si è formato come popolo, il ritiro mira a far crescere la responsabilità comunitaria.

Tre parabole ci saranno di stimolo per la riflessione.

  1. Chiamati a essere Chiesa (il banchetto nuziale)
  2. Fondati sulla roccia di Gesù (La casa fondata sulla roccia)
  3. Dio investe su di me (I talenti)

Primo Momento
Chiamati ad Dio ad essere chiesa.

La percezione della compagnia di Dio che scandisce il nostro cammino nel deserto del quotidiano, ci fa gustare la bellezza del suo Banchetto allestito nel deserto.

Gesù riprese a parlar loro in parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire. Di nuovo mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono già macellati e tutto è pronto; venite alle nozze. Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l'abito nuziale, gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senz'abito nuziale? Ed egli ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti». ( Mt.22,1-15)

1- Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio.
La chiesa nasce da una chiamata:

SOLO COLORO CHE SI SENTONO CONCHIAMATI A RISPONDERE A DIO, FORMANO LA COMUNITA’ LA CHIESA.

2- Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; ….andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze.

Non sono i primi della classe a fare la Chiesa ma i poveri e i peccatori. Solo la percezione della propria debolezza e fragilità apre il nostro cuore all’accoglienza e alla risposta gratuita. La Chiesa, il gruppo, altro non è che la mia povertà e debolezza abitata da una Presenza che le da senso e significato

3- Amico, come hai potuto entrare qui senz'abito nuziale?
L’invito a partecipare al banchetto non costituisce una carta di credito, una polizza assicurativa, ma esige una continua e costante risposta a mantenere la veste candita, che significa la consapevolezza che tutto viene da Dio.

Rifletti:

  1. Come e perché nel deserto gli Ebrei da “ciurma senza volto” sono diventati popolo?
  2. La Chiesa è un mistero: Perché?
  3. Che significa vivere la Chiesa?

Secondo momento
Gesù è la roccia su cui fondare la mia risposta al Signore

Dal vangelo secondo Matteo (Mt 7,21-29)

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande». Quando Gesù ebbe finito questi discorsi, le folle restarono stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi.

  1. «Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli».

    Dalle parole ai fatti. La chiesa non è un “congrega” dove si arrotolano rosari, o sontuose cerimonie, dove con le parole o con i fatto si pensa di catturare il Signore o comprarsi il paradiso. La Chiesa non è un luogo che mi immunizza o disinfetta, che mi toglie la responsabilità di una continua risposta a Colui che mi chiama, ma è fondamentalmente il luogo dell’ascolto e della risposta, il luogo della crescita. Il luogo dove la verità del mio cuore incontra quella di Gesù.
     

  2. “Entrerà nel regno dei cieli, colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”

    La Chiesa, il gruppo, è lo spazio che mi educa a compiere la volontà di Dio. Con il dono dei Sacramenti mi aiuta a uscir fuori dal mio egoismo e a realizzare il disegno di Dio. Senza sacramenti non si è chiesa. Il Sacramento mi abilità a fare la volontà di Dio. ( Es. Come senza il battesimo non si fa parte della Chiesa, senza la Comunione almeno domenicale, è quasi impossibile realizzare il progetto di Dio nella propria vita)
     

  3. Costruire sulla roccia che è Gesù significa lasciarsi fare da lui con la forza che ci viene dai sacramenti. Concretamente questo comporta imitare Gesù:

    Nella obbedienza: Se la Chiesa è una risposta a Dio, la costruiscono coloro che ascoltano Dio e le mediazioni che lui pone nella storia. (Non si può dire di Amare Dio e non obbedire al papa e ai vescovi). Si sta nella Chiesa o nel gruppo Tend, non per se stessi, per apparire, per essere visti ma per far vedere Colui che abita la nostra vita e quindi la chiesa. Paradossalmente è il mio scomparire nel tempo e nella storia che rende la storia e il tempo rivelazione di Dio, quindi Chiesa.

    Nella missione: La missione di Gesù era compiere l’opera del padre, dare la vita per realizzare la missione. La novità del cristiano consiste nel “vieni e vedrai”, nel camminare per vedere. La missione del Cristiano è camminare rischiando anche di cadere, amare esponendosi anche alla possibilità di sbagliare. Il cristiano deve sapere che è meglio camminare con il rischio di cadere che non camminare per non cadere. Dare la vita è il punto di arrivo della missione.

Rifletti:

  1. Perché non sono le parole dette ma la parola vissuta che fanno la Chiesa?
  2. Perché e in che modo posso essere libero nella Chiesa se mi chiede l’obbedienza?
  3. Che significa “il sacramento è un segno efficace della Grazia?

Terzo momento
Dio conta su di me

Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto. Venuto, infine, colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra; ecco qui il tuo. Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse. Toglieteli dunque il talento, e datelo a chi ha dieci talenti. Perché a chiunque ha, sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre: là sarà pianto e stridore di denti" (Mt 25,14-30; cfr. Lc 19,12-27)

  1. 1- Partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì.

    a. Dio ci ha consegnato questo meraviglioso mondo, ci ha dato tanti doni. Noi siamo i responsabili. Sia del mondo che della Chiesa.
    b. la sua presenza dentro la nostra vita determina la modalità di essere nella storia. Lui, la fortezza di Dio che ci abita, deve esplodere e realizzarsi proprio investendo, cioè rischiando. Nascondere i talenti vuol dire non credere a Lui che compie i miracoli.
    c. conseguenza ovvia è che il cristiano è pro-teso, è pro-feta. E’ gettato in avanti nella speranza e parla avanti perché ascolta la voce che lo abita
     

  2. Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto.

    Nella misura che ci impegniamo a fare bene le cose piccole, il poco, ci accorgeremo che riusciremo a fare anche le cose grandi (molto). In queste parole non vedo un premio di produzione, ma una conseguenza di un impegno. E’ la tenacia della speranza, è la spiga del chicco marcito sotto terra.
     

  3. Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse.

    Il rimprovero è la condanna della staticità, del torpore. La immobilità è la conseguenza del non sentirsi amati, e quindi, anche perdonati se si sbaglia, ma soprattutto è non volersi bene. Non volersi bene è mancare di amore nei riguardi di Colui che ci ha creati.
     

  4. Toglieteli dunque il talento, e datelo a chi ha dieci talenti.

    Non vedo in questa frase un gesto concreto del padrone che di fatto toglie il talento per darlo ad un altro che ne ha di più, ma ci vedo una conseguenza di chi non investendo i suoi talenti si ritrova a vivere senza senso, a non capire più la sua vita, a non sapere che deve fare. E’ la inevitabile conseguenza di chi si adatta alla situazione di comodo: come un uccellino che costretto a stare dentro una gabbia alla fine non riesce a volare. Ha le ali ma non sa a che servono.

 

Rifletti:

  1. Sento che la mia vita è un regalo meraviglioso che Dio mi ha donato per realizzare nella libertà il suo progetto, o penso che posso gestirla da solo?
  2. Nel gruppo dove vivo sono un talento investito o un talento sotterrato?
  3. Che devo fare per essere nella comunità un talento utile?

 

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