Largo ai laici, senza se e senza ma

La politica e la Parola
La relazione tra cattolici e politica in età contemporanea è legato al contrastato rapporto del mondo cattolico con la laicità, che ha caratterizzato la modernità dopo la Rivoluzione francese. Nella dinamica tra mondo cattolico e modernità/laicità, si va da un rifiuto di parte cattolica della partecipazione alla vita politica, a una partecipazione meramente difensiva/oppositiva, a una di lobby.

L’approccio – travagliato e complesso – alla democrazia avviene tra scontri interni (diverse sensibilità in ambito ecclesiale, sociale ed economico) e attraverso il “lavacro” dell’atteggiamento ambiguo nei confronti delle dittature nell’Europa occidentale. Peraltro nell’approccio convinto alla democrazia rapidamente si sostituisce all’alternativa laicità/cattolicesimo quella tra cattolicesimo e comunismo, che ribadisce ancora una volta la necessità dell’agire comune dei cattolici, tranne singole, anche se significative, testimonianze.

L’accresciuta sensibilità di parte del mondo cattolico in ambito socioeconomico, l’apporto alla questione di istanze di diversi paesi e continenti, le problematiche nord/sud che pongono le vicende politiche in una dimensione non più univoca (il precedente esclusivo contrasto est/ovest), fa almeno in parte venir meno l’ossessione anti comunista e libera spazi di agire plurale. Peraltro solo con il crollo del muro di Berlino si arriverà alla definitiva caduta dell’obbligo dell’unità politica dei cattolici.

Cenni di dottrina
All’approccio con la modernità/laicità (peraltro caratterizzata in genere dalla versione liberale/massonica) la Chiesa risponde con il Sillabo (1864) e specificamente in Italia con il Non expedit (1871). Sarà il Patto Gentiloni (1913) la prima ricerca di partecipazione organizzata in quanto cattolici in Italia, in forma di lobby su istanze valoriali. Camaldoli e le settimane sociali rilanciano la partecipazione, consentendo la realizzazione di una Costituzione repubblicana che vede una chiara matrice nel personalismo cristiano. Il concilio (Gaudium et Spes) evidenzia, in un’ottica mondiale, la relatività della politica e la responsabilità in essa dei laici.

Solo agli inizi degli anni ’80 (con il documento “La Chiesa italiana e le prospettive del paese”) la Conferenza episcopale inizia a parlare della non necessità dell’unitarietà dei cattolici in politica, con uno sguardo ampio, articolato e profetico sull’agire dei laici cristiani, pur ponendo paletti pratici all’attuabilità del principio. La caduta del Muro e la diffusione dei cattolici in tutti gli schieramenti e i partiti politici, spinge la Cei – dopo un periodo di latenza – ad organizzare una presenza diretta dei cattolici e della gerarchia attorno allo slogan dei “principi non negoziabili”, cui solo l’avvento di papa Francesco sta ponendo fine.

Smarriti
Oggi si assiste a un fatto apparentemente paradossale: la guida del paese è di fatto detenuta da cattolici per formazione e prassi ecclesiale (dal capo dello stato al capo del governo e a diversi ministri, provenienti non da cattolicesimo di prassi ma da esperienze associative assodate), ma la sensazione è che i cattolici non contino, siano invisibili. E che la loro presenza nei diversi schieramenti e nei diversi partiti sia in ribasso numericamente e nella qualità della proposta. L’idea che sembra prevalere in certi ambienti ecclesiali è che il cattolicesimo politico sia a rischio di insignificanza.
Da qui ogni tanto la proposta del ritorno ad un partito dichiaratamente cattolico (che, per quanto necessariamente minoritario, agisca come difesa identitaria e di interessi valoriali); o a presenze cattoliche esplicite e organizzate all’interno dei partiti; o al senso di smarrimento di chi – in assenza del ruolo organizzato dei laici – non trova più neanche la Cei a “difendere” le istanze cattoliche.

Che fare?
L’ondata di nuova sensibilità ecclesiale di papa Francesco ha scombinato anche le peraltro fragili e poco efficaci strutture d’intervento politico della Chiesa italiana degli ultimi anni. Non che per il papa non esistano “principi non negoziabili”, ma non rientrano nelle modalità di relazione col mondo (dal singolo alle istituzioni), mentre alla base della relazione chiesa/mondo si impone il dialogo, il confronto, la ricerca, lo scambio, il farsi carico, l’accoglienza, l’accompagnamento.
Tra l’altro con il papa attuale le dimensioni “di principio” si allargano dalle sole questioni etiche a quelle che riguardano l’uomo (ma anche l’ambiente, la natura) nella totalità del suo agire, comprendendo quindi anche l’ambito economico, sociale, dei diritti. Rispetto alle provocazioni papali, rispetto alle prospettive che pone, qual è l’efficacia della presenza dei cattolici in politica? E quali strumenti usare per rafforzarla? È necessario porre alcuni punti a questo riguardo:

  • è ormai assodato che dall’unica fede non può derivare un’unica scelta politica: le storie personali, le vicende sociali, il retroterra culturale porta legittimamente a
  • scelte diverse, che necessitano di reciproca comprensione;
  • è probabilmente pure superato l’agire “da cattolici” all’interno di uno stesso schieramento o partito (cattolici, ad esempio, sono certamente e sinceramente sia Renzi che Bindi, ma legittimamente esprimono istanze spesso in antitesi pur all’interno di uno stesso partito);
  • c’è quindi il rischio dell’insignificanza? Certo, questo rischio esiste, ma non è tanto legato alla mancanza di un’etichetta o di un marchio di cattolicità, quanto piuttosto a una scarsa preparazione e motivazione all’origine dell’agire politico;
  • è quindi necessario che laddove si vive l’unitarietà e la dinamicità del popolo di Dio (ovvero nella comunità ecclesiale) si maturi il senso di un forte e comunitario discernimento sull’oggi; ci si abitui a ragionare criticamente sull’essere laici nell’economia, nella società, nella cultura, per far emergere la pluralità dei riferimenti che la Parola sa suggerire; è necessario che la forte presenza di cattolici nel sociale non si limiti a “curare le ferite” della società, ma rifletta un’idea di società diversa, su cui sa fare cultura, mentalità, proposta;
  • la/e proposta/e cristiana/e sui diversi aspetti della società avrebbero così la capacità di formare e sostenere poi la presenza dei cattolici che – liberamente e legittimamente – operando nell’ambito politico potranno farne tesoro, mediarla, dibatterla, adattarla, secondo la legittima autonomia della politica: in una parola, dare testimonianza di una presenza di credente significativo in politica.

Pare oggi quindi necessaria una più efficace presenza profetica dei laici nella Chiesa, laici capaci di far maturare le istanze presenti nella società, cui la Parola sappia dare istanze di risposta; solo allora la presenza dei laici cristiani in politica sarà significante, perché frutto (legittimamente individuale nelle scelte operative, nelle priorità e nei metodi) di una elaborazione e condivisione comunitaria.

(articolo tratto da Segni dei tempi)