Intervista a S.E. Mons. Domenico Sigalini

D. Nella sua relazione ha parlato di esubero, disoccupazione… secondo lei si può parlare anche in campo spirituale di “esubero”?

R. Sto pensando, è una domanda che mi prende direttamente… potrebbe esserci una vita da scarto spirituale, potrebbe anche esserci, perché per esempio, là dove si immagina che uno che si impegna per quanto riguarda lo Spirito, non abbia assolutamente cittadinanza dentro la vita concreta, allora la sua esperienza è vista come inutile, come… non fruibile, però direi che il problema è un po’ diverso, perché lo Spirito non ha limiti, no? Lo Spirito è possibile che abbia a invadere altri spazi nuovi, non puoi dire qui non c’è posto, non c’è niente per te, perché tu lo puoi scavare lo stesso, ecco, mi rende un po’ incerto pensare che ci sia un esubero dello Spirito… tanti uomini si comportano come se lo Spirito fosse qualcosa da buttare, questo si, è possibile

 

D. Per un giovane, al giorno d’oggi, è molto più difficile abbracciare il discorso della croce, considerando anche tutti i serpenti che ci sono intorno, tutte le tentazioni che può avere… in che modo si può rendere visibile a questo giovane la presenza della croce, che è una presenza che cambia comunque?

R. Ecco, secondo me il segreto sta proprio nel vederla non come la croce, ma nel vederne i motivi, cioè cos’è che ha convinto quel centurione a dire “Questo è il figlio di Dio”? L’ha convinto il vedere che c’era davanti un amore fino alla fine, senza riserve, per cui certo la croce è un dolore, però c’è dietro un amore senza riserve… la croce è diventata lo strumento per far vedere che c’è un amore senza riserve… allora quindi se io devo vivere una vita di difficoltà e ho da affrontare dei sacrifici, devo vedere le motivazioni che ho alle spalle… più approfondisco le motivazioni più la cosa la porto con maggiore consapevolezza, serenità, farò sempre fatica però almeno so per che cosa sto vivendo

 

D. Rimanendo in ambito di gruppi cattolici, o anche di un movimento come il nostro, noi in che modo ci dovremmo porre, nei confronti dei nostri coetanei, per non correre il rischio di non riuscire a trasmettere quello che abbiamo dentro?

R. Intanto devi stabilire relazioni di amicizia vera, e tu quando a un ragazzo gli sei amico, che non sei amico soltanto quando ti serve a te, quando si deve andare a divertirsi, anche quando lui non ce la fa, quindi tu perdi il tuo divertimento e stai con lui. Se riusciamo a vivere fino in fondo l’amicizia, questo è il primo passaggio che va. Dentro l’amicizia però devi essere te stesso, devi essere uno che crede… quindi uno capirà perché tu gli sei amico, non ti sono amico perché voglio annunciarti il Vangelo, no, ti sono amico perché ti voglio bene… però tu sappi che il bene che ti voglio mi viene da qui (si tocca il cuore, n.d.R.), è una verità

 

D. Chiudiamo con due domande legate alla sua attività; una sul ruolo che secondo lei hanno oggi i gruppi giovanili all’interno della chiesa

R. Hanno un ruolo molto interessante, che è quello di tenere movimentata la vita del giovane, che noi tendenzialmente nella comunità cristiana portiamo una sorta di stabilità… le ore di incontro, le attività… il movimento ogni tanto inventa qualcosa e riesce a prendere, si può dire per strada, alcuni che non reggono il passo… per esempio, il catechismo, mica tutti ci vanno… il movimento raccatta persone che al catechismo non vogliono andarci, però vogliono studiare una strada per arrivare a Gesù, e voi gliene date un’altra… il problema è mettersi in comunicazione con la Chiesa… comunicazione che è molto ampia, può essere stretta per alcuni momenti, tipo “la Pasqua la facciamo assieme”, può essere ampia in altri momenti, l’estate, oppure la stessa preparazione dei Sacramenti potrebbe essere anche articolata

 

D. Un ultima domanda da cui non si può prescindere, visto che lei nella GMG del 2000 comunque era una figura di spicco… ha trovato differenze tra quella GMG e questa di Colonia?

R. Io stavo vedendo che ho trovato almeno tre differenze che sono interessanti da approfondire… la prima il Papa che è diverso. Una differenza che si impone da sé… è una persona dolcissima, che ti strappa il cuore, ai ragazzi sembra quasi che sia imbranato, gli vogliono ancora più bene per quello, perché non è capace di fare le battute, no? Però che va dritto al cuore delle cose che vuol dire, no? Non lascia spazio a fraintendimenti… questo qui mi pare di una persona più intelligente, è stato, no? Cioè, lui sa che non può fare il populista… non voglio dire che Giovanni Paolo II fosse populista, però aveva un altro modo di porsi… ma questo lo sa, il suo, e ci sta dentro al suo ruolo, però vuole bene lo stesso, arriva al profondo del cuore, ha detto delle cose molto belle… quando parlava della zizzania, per esempio… la prima cosa questa, la seconda è che ho visto un’attenzione molto più alta, in queste ultime, alla catechesi… cioè, i giovani hanno voglia di sentirsi dire le cose chiare… mentre negli anni passati erano quasi una specie di “oddio, andiamo là la mattina, così dopo il pomeriggio ci divertiamo”, invece vedevo che in queste qui la gente veniva proprio per poter ascoltare qualcosa che gli potesse servire da portar via… terzo, un mare di giovanissimi… c’erano molti più ragazzi giovani, e allora questo vuol dire che i giovanissimi che non credono neanche all’acqua calda, che sono di nessuno… non vuol dire che non sono di nessuno, vuol dire che non hanno nessuno che li segua, allora questo ci carica ancora di più di ritrovare spazi per questi ragazzi.