Il 13 novembre ricorre la memoria del B. Eugenio Bossilkov, passionista, vescovo e martire. Di seguito alcuni cenni della sua vita.

Era sicuro. In patria lo attendevano una dolorosa via crucis e la condanna a morte. Inutili alcuni suggerimenti di restare in Italia. “Io sono il pastore del mio gregge, ripeteva. Non posso abbandonarlo”. A Roma la vigilia della partenza salutando la comunità si raccomandò alle preghiere di ognuno. Tutti capirono che quello era l'addio definitivo. Qualche giorno prima l'avevano visto pregare davanti all'immagine della Madonna a Santa Maria Maggiore. “Ho chiesto la grazia del martirio”, aveva confidato ad un confratello. E così monsignor Eugenio Bossilkov, il primo ottobre 1948 tornò in Bulgaria tra i suoi fedeli. Per incoraggiare e difendere. Fedele al suo compito di pastore fino al dono della vita. Vittima del terrore stalinista.

Resto fedele al Papa

Era nato da umili contadini il 16 novembre 1900 a Belene sulla riva del Danubio. Ancora bambino aveva rischiato di annegarvi scivolando durante il gioco. La mamma Beatrice sospirando verso il cielo aveva promesso di donarlo al Signore. E il piccolo fu salvo per miracolo. A 13 anni è accompagnato dalla stessa mamma al seminario passionista di Oresch dove inizia quel cammino che lo porterà lontano. Ragazzo vivace, amante dello scherzo, studia a Russe e successivamente in Belgio e in Olanda. Trascorre l’anno di noviziato a Ere dove il 29 aprile 1920 emette la professione religiosa. Ha intanto cambiato il nome di battesimo, Vincenzo, in quello di Eugenio. Completa gli studi teologici in Bulgaria dove è ordinato sacerdote il 25 luglio 1926. Dopo l'ordinazione sacerdotale è inviato a Roma per specializzarsi in scienze ecclesiastiche orientali. Frequenta il Pontificio Istituto orientale dal 1927 al 1932 laureandosi con la tesi "L'unione della Bulgaria con la chiesa romana nella seconda metà del secolo XIII".

Tornato in patria il vescovo di Nicopoli monsignor Damiano Theelen passionista, lo vuole come segretario e lo nomina anche parroco della cattedrale di Russe. Ma Eugenio vi dura poco. Sente la vocazione all'apostolato diretto che preferisce al lavoro di ufficio. Viene allora inviato come parroco a Bardarski-Gheran, nel cuore della pianura danubiana. Tra la gente si sente a suo agio. Si fa capire dai semplici. Ma, uomo di vasta cultura, non sfigura certo con i dotti. Nelle dispute con gli atei è sottile, profondo, stringente nelle argomentazioni. Nel dialogo con gli ortodossi anticipa lo spirito ecumenico del concilio vaticano II.

“Sacerdote limpido come cristallo”, è rispettato ed amato da tutti, perché lui per primo ama e rispetta tutti. “E' una persona straordinaria per cultura e per fede, comprensiva… io lo stimo moltissimo” dice un funzionario statale. La sua casa è aperta sempre e per tutti. “Non temete di disturbarmi, assicura lui; sono qui per servire il prossimo”. Nel corso della seconda guerra mondiale durante l'occupazione tedesca, salva la vita a migliaia di ebrei. Alcuni di questi passati al comunismo saranno tra i suoi persecutori. Diventa famoso in tutta la Bulgaria.

Molti lo chiamano semplicemente il dottor Bossilkov per la sua cultura. Ha due lauree, parla 13 lingue, collabora con apprezzatissimi articoli al giornale cattolico “Istina” (La Verità), è ottimo apologeta, ed uno dei migliori oratori della Bulgaria. Celebri i suoi discorsi alcuni anche a livello nazionale come quello del 1938 tenuto a Sofia per commemorare il 250° anniversario della insurrezione cattolica contro i Turchi: applaudito ed appassionato discorso pubblicato su tutti i giornali bulgari. Sui giovani esercita un particolare ascendente. Con loro canta, gioca a pallone, organizza escursioni e battute di caccia. Ma è anche uomo di preghiera. Scrive: “Mi alzo ogni mattina alle 4,30; sono in preghiera fino alle 7,30". Ha una grande devozione alla Madonna. La sua parrocchia diventa un centro propulsore di devozione mariana che si estende a tutta la diocesi. Da vescovo ad alcune difficoltà dei missionari nel realizzare faticose iniziative, risponderà: “Con la Madonna si può tutto”.

Con l'occupazione tedesca del 1940 e soprattutto con l'avvento del regime comunista nel 1944, l'attività pastorale della chiesa cattolica in Bulgaria subisce una forte limitazione. Nel 1946 muore improvvisamente il vescovo di Nicopoli monsignor Damiano Theelen. A succedergli è chiamato Eugenio prima come amministratore apostolico e poi come vescovo. Viene consacrato il 7 ottobre nella cattedrale di Russe dove era stato ordinato sacerdote. E’ il primo vescovo della diocesi di nazionalità bulgara. E’ l'uomo giusto: colto, prudente, coraggioso. Per porre un argine alla martellante propaganda marxista, organizza subito una missione popolare alla quale prende parte lui stesso esponendosi in prima persona. E’ sempre in mezzo al suo popolo esortandolo alla fedeltà a Cristo. Sarà questa predicazione uno dei capi di accusa nel futuro processo contro di lui.

Nel 1948 ottiene come per miracolo il permesso di recarsi all'estero. Parte ai primi di luglio. Passa in Olanda per salutare le due anziane benefattrici che lo avevano adottato quando aveva ancora 14 anni, e verso la fine di agosto arriva a Roma. Il 17 settembre viene ricevuto in un lungo e affettuoso colloquio dal papa Pio XII. Il primo ottobre riparte per la Bulgaria dove la situazione diventa sempre più critica; la persecuzione contro la chiesa cattolica è ormai sistematica.

Abolite le feste religiose; confiscati i beni ecclesiastici; requisiti i seminari; chiuse le scuole cattoliche perchè, dicono, non al passo con il clima progressista; espulsi i sacerdoti stranieri. Soppressa la delegazione apostolica. Pericoloso frequentare la chiesa. Clero e fedeli pedinati. Monsignor Eugenio Bossilkov, costretto a scrivere in codice, chiama "angeli custodi” i suoi pedinatori, e lui si firma "Pierino". Il dramma vive sotto l’innocenza delle parole. Continua coraggiosamente le visite pastorali nella diocesi, accolto sempre con entusiasmo. “Non abbiamo paura, assicura il Vescovo. Quanto a me non esito un momento e mi preparo al peggio”.

Il suo Calvario è già cominciato. Ma, scrive al superiore generale “io e i miei confratelli siamo felici di trovarci nel posto preferito da un figlio di san Paolo della Croce”. Il regime lavora per staccare la chiesa cattolica da Roma e crearne una nazionale. Ai vescovi si chiede il giuramento di fedeltà al governo. Monsignor Bossilkov è una colonna della chiesa bulgara: il più giovane e dinamico dei vescovi, il più influente. E’ preso quindi di mira. Se cede lui, per il governo sarà tutto più facile. Gli viene offerto di essere il capo della chiesa nazionale con ogni privilegio. Oppone un energico rifiuto ed un rinnovato giuramento di fedeltà al papa.

Non gli è difficile immaginare le conseguenze. "Se deve venire il peggio, scrive, che venga! Ho il coraggio di vivere; spero di averlo anche per subire il peggio restando fedele a Cristo, al papa ed alla chiesa… Sono pronto a dare la vita per la fede". Mentre si scatena questa bufera introduce addirittura la "festa del papa" e scrive coraggiosamente: "il governo fa grandi sforzi per separare il clero ed i fedeli dal santo padre, ma noi restiamo fermi e siamo pronti a sacrificare la nostra vita. Esprimo al santo padre il mio filiale affetto e il mio fermo attaccamento". Appena eletto vescovo aveva scritto ai fedeli: “Non tacerò”. E mantiene l’impegno. La grazia del martirio implorata dalla Madonna assume contorni sempre più precisi.

Il cestino torna pieno

I Passionisti aprono la missione della Bulgaria nel 1781 appena sei anni dopo la morte del fondatore. Partiti da Roma vi giungono dopo nove mesi di un tormentato viaggio. I pochi cattolici presenti vivono oppressi dai Turchi. I missionari iniziano il lavoro tra difficoltà di ogni genere. L'indipendenza dalla dominazione turca avvenuta nel 1878 apre nuovi orizzonti e lascia intravedere un avvenire migliore. Si registra una insperata fioritura di vocazioni e di vita cristiana. Con l'invasione da parte della Russia del 9 settembre 1944 il cielo nuovamente si oscura e all'orizzonte balenano subito sinistri bagliori di morte. Il piccolo partito comunista bulgaro salito al potere con l'appoggio determinante della Russia, uccide oltre 138mila cittadini instaurando un clima di terrore. In un quarantennio di devastante persecuzione sottile e feroce la presenza dei Passionisti verrà ridotta ai minimi termini. Gli ultimi religiosi, privati di tutto, saranno costretti a vivere come al tempo delle catacombe. La Bulgaria è l'unica nazione del patto di Varsavia a rimanere incondizionatamente fedele a Mosca mentre tutti gli altri stati membri conosceranno strappi più o meno profondi. In questo tenebroso scenario monsignor Bossilkov celebra il suo glorioso martiro.

È arrestato il 16 luglio 1952 nella casa di campagna vicino a Sofia dove si è recato per un breve periodo di riposo. I poliziotti vi fanno irruzione alle 5,30 del mattino; perquisiscono dappertutto cercando armi e ricetrasmittenti anche nel tabernacolo. Viene accusato di essere una spia del Vaticano e di guidare una congiura contro lo stato. Evidentemente non trovano niente. Una cartolina di auguri proveniente dall'Olanda scritta forse da confratelli Passionisti li toglie dall'imbarazzo. Sul protocollo di arresto scrivono di avere trovato “corrispondenza estera”. Monsignor Bossilkov benedice le suore che sono con lui e le invita a non piangere. Viene portato via e rinchiuso nelle carceri di Sofia. Fino al 26 settembre non si ha alcuna notizia. Il 29 settembre si apre il processo. Quando l'imputato compare i famigliari ed i parenti si sentono gelare il sangue. Dio mio, come è stato ridotto. Magro e sfinito. Una larva. Irriconoscibile. In carcere è costretto a dormire sul nudo cemento, ha sofferto torture “diaboliche”, insulti di ogni genere, privazione di cibo e di sonno, estenuanti interrogatori. Sulla camicia indossata in prigione sono ancora visibili raccapriccianti segni di percosse e maltrattamenti. Per farlo cedere viene tessuta una abile ragnatela di blandizie e minacce, promesse e pressioni.

Inutilmente. Si cerca qualche accusatore con promessa di “giusta” ricompensa. Con sofisticati mezzi si tenta anche di indebolirne la psiche perché si autoaccusi di crimini mai commessi. Monsignor Bossilkov, cosciente di andare incontro a questi umilianti sistemi indegni dell'uomo, aveva più volte detto di non credere ad eventuali sue dichiarazioni di colpevolezza.

Nel processo conserva una serenità sconcertante. Un testimone oculare ricorda che “dominava tutti con le sue risposte e metteva in imbarazzo i giudici”. Perdona i suoi accusatori, difende fino all'ultimo i suoi sacerdoti ed i suoi fedeli; fa di tutto perché non venga arrestato monsignor Romanoff già malato di cuore. In un rapido incontro con i famigliari parla dei maltrattamenti subiti ma assicura tutti di essere restato fedele al papa. Nel buio del carcere ha udito le grida strazianti di un sacerdote mentre viene torturato. “Se non parli, gli è stato detto, anche tu dovrai morire così”.

Lui si raccomanda ai famigliari: “Pregate per me perché sia degno del martirio”. È preoccupato per i suoi fedeli, teme che siano ingannati. Per questo ripete: “Dite loro che sono stato fedele… che non ho tradito”. Motivi di condanna non esistono. Ma poco importa. Non occorrono. La sentenza è già stata pronunziata. E’ un omicidio premeditato. Molti giovani ed alcuni funzionari dello stato, coraggiosamente lo difendono rischiando di persona. Studenti di diritto ed alcuni giuristi presenti al processo non vedono alcun appiglio per la condanna. Un militante comunista lo definisce "una delle vittime espiatorie del regime stalinista". È presente al processo ed afferma che nessuna delle accuse è fondata. Il 3 ottobre il vescovo viene condannato alla fucilazione con l'accusa di sovversione e spionaggio a favore del Vaticano e quindi nemico del popolo.

Monsignor Bossilkov accoglie la sentenza sereno. Per difenderlo e deprecarne la condanna intervengono Pio XII, il cardinale di Milano beato Ildefonso Schuster, il cancelliere tedesco Konrad Adenauer, il presidente Usa Harry Truman, il futuro papa Paolo VI, il segretario dell'ONU. Dopo la condanna a morte è permesso ai famigliari di incontrarlo per brevissimo tempo. Monsignor Bossilkov ha una catena ad un piede e ad un braccio. Era alto m 1,63; ora sembra ancora più piccolo. Si trascina impacciato nei movimenti. Ma è splendidamente sereno. Gli dicono che si vuole chiedere la grazia per lui. Risponde, trasfigurato in volto: “No, sono investito della grazia di Dio. Il Signore mi ha fatto la grazia di morire martire. Muoio volentieri per la fede. Mi dispiace per voi, ma la Madonna non vi abbandonerà. Se volessi potrei essere libero e avere tutte le comodità possibili.

Salutate tutti e dite a tutti che non ho tradito né la chiesa, né il papa e che ho difeso i miei sacerdoti”. In attesa della esecuzione i condannati vivono isolati in una cella. Si esce solo una volta al giorno. Per il freddo corridoio si sente allora uno stanco ed agghiacciante stridio di catene. Quando da una stanza giunge solo il silenzio significa che la sentenza è stata eseguita. Suor Gabriella, la nipote del vescovo, ogni settimana porta allo zio un po’ di cibo in un cestino. Il cestino torna indietro con un minuscolo biglietto su cui vi è una croce e l'inconfondibile firma abbreviata (+ Ebr. che in lettere latine significa Eug.). E’ il segno che il vescovo è ancora vivo.

Un giorno il cestino torna pieno. Suor Gabriella capisce e trattiene il respiro. Monsignor Eugenio Bossilkov è stato fucilato la notte dell'11 novembre 1952 alle ore 23,30. Le autorità aspettano oltre 20 anni prima di darne la notizia ufficiale. Un vescovo martire è più pericoloso di un vescovo vivo. Il papa Pio XII disse un giorno ai Passionisti: “Se riuscirete solo a conservare questa missione in Bulgaria, essa sarà la gemma più preziosa nella corona della vostra congregazione”. Monsignor Bossilkov, martire prossimamente beato, ha aggiunto ulteriore fulgore a questa corona. Si sta avverando quanto da lui scritto poco prima di morire: “Le tracce del nostro sangue sono garanzia per uno splendido futuro della chiesa in Bulgaria”.

 

Il B. Eugenio Bossilkov in breve

Nascita 16 novembre 1900
Professione religiosa 29 aprile 1920
Morte 11 novembre 1952
Riconoscimento del Martirio 26 marzo 1994
Beato 15 marzo 1998

 

Tratto da:

Di Eugenio P., Sotto la Croce appassionatamente, la santità nella famiglia passionista, Editoriale Eco- S. Gabriele (TE); 1997.